mercoledì 30 settembre 2020

A Silvia di Giacomo Leopardi

 Silvia, rimembri ancora

Quel tempo della tua vita mortale,           

Quando beltà splendea Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa, il limitare Di gioventù salivi? Sonavan le quiete Stanze, e le vie dintorno, Al tuo perpetuo canto, Allor che all'opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi Così menare il giorno. Io gli studi leggiadri Talor lasciando e le sudate carte, Ove il tempo mio primo E di me si spendea la miglior parte, D'in su i veroni del paterno ostello Porgea gli orecchi al suon della tua voce, Ed alla man veloce Che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, Le vie dorate e gli orti, E quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Lingua mortal non dice Quel ch'io sentiva in seno. Che pensieri soavi, Che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia La vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, Un affetto mi preme Acerbo e sconsolato, E tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, Perchè non rendi poi Quel che prometti allor? perchè di tanto Inganni i figli tuoi? Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, Da chiuso morbo combattuta e vinta, Perivi, o tenerella. E non vedevi Il fior degli anni tuoi; Non ti molceva il core La dolce lode or delle negre chiome, Or degli sguardi innamorati e schivi; Nè teco le compagne ai dì festivi Ragionavan d'amore. Anche peria fra poco La speranza mia dolce: agli anni miei Anche negaro i fati La giovanezza. Ahi come, Come passata sei, Cara compagna dell'età mia nova, Mia lacrimata speme! Questo è quel mondo? questi I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi Onde cotanto ragionammo insieme? Questa la sorte dell'umane genti? All'apparir del vero Tu, misera, cadesti: e con la mano La fredda morte ed una tomba ignuda Mostravi di lontano.


martedì 29 settembre 2020

Cento favole

 


Temporale di Giovanni Pascoli

 Un bubbolìo lontano…

Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
5 stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano.

Alla stazione in una mattina d'Autunno di Giosuè Carducci

 Oh quei fanali come s'inseguono 

accidiosi là dietro gli alberi, 
tra i rami stillanti di pioggia 
sbadigliando la luce su 'l fango! 
5 Flebile, acuta, stridula fischia 
la vaporiera da presso. Plumbeo 
il cielo e il mattino d'autunno 
come un grande fantasma n'è intorno. 
Dove e a che move questa, che affrettasi 
10 a' carri fóschi, ravvolta e tacita 
gente? a che ignoti dolori 
o tormenti di speme lontana? 
Tu pur pensosa, Lidia, la tessera 
al secco taglio dài de la guardia, 
15 e al tempo incalzante i begli anni 
dài, gl'istanti gioiti e i ricordi. 
Van lungo il nero convoglio e vengono 
incappucciati di nero i vigili, 
com'ombre; una fioca lanterna 
20 hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei 
freni tentati rendono un lugubre 
rintócco lungo: di fondo a l'anima 
un'eco di tedio risponde 
doloroso, che spasimo pare. 
25 E gli sportelli sbattuti al chiudere 
paion oltraggi: scherno par l'ultimo 
appello che rapido suona: 
grossa scroscia su' vetri la pioggia. 
Già il mostro, conscio di sua metallica 
30 anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei 
occhi sbarra; immane pe 'l buio 
gitta il fischio che sfida lo spazio. 
Va l'empio mostro; con traino orribile 
sbattendo l'ale gli amor miei portasi. 
35 Ahi, la bianca faccia e 'l bel velo 
salutando scompar ne la tenebra. 
O viso dolce di pallor roseo, 
o stellanti occhi di pace, o candida 
tra' floridi ricci inchinata 
40 pura fronte con atto soave! 
Fremea la vita nel tepid'aere, 
fremea l'estate quando mi arrisero; 
e il giovine sole di giugno 
si piacea di baciar luminoso 
45 in tra i riflessi del crin castanei 
la molle guancia: come un'aureola 
più belli del sole i miei sogni 
ricingean la persona gentile. 
Sotto la pioggia, tra la caligine 
50 torno ora, e ad esse vorrei confondermi; 
barcollo com'ebro, e mi tócco, 
non anch'io fossi dunque un fantasma. 
Oh qual caduta di foglie, gelida, 
continua, muta, greve, su l'anima! 
55 io credo che solo, che eterno, 
che per tutto nel mondo è novembre. 
Meglio a chi 'l senso smarrì de l'essere, 
meglio quest'ombra, questa caligine: 
io voglio io voglio adagiarmi 
60 in un tedio che duri infinito.

giovedì 24 settembre 2020

Seneca - Ritengo che le letture siano necessarie

 SENECA, Lettere a Lucilio (Lettera 84), I secolo d.C.

Perché facciano bene allo studio, te lo spiegherò: non ho abbandonato le mie letture. Ritengo che le letture siano necessarie, primo perché io non sia pago dei miei soli pensieri, poi perché, conoscendo le ricerche altrui, ne giudichi i risultati e rifletta su quanto resta ancora da scoprire. La lettura alimenta l'ingegno e, quando è affaticato dallo studio, lo ristora, pur richiedendo una certa applicazione.Non dobbiamo soltanto scrivere o soltanto leggere: la prima attività, quella dello scrivere, offuscherà ed esaurirà le forze, l'altra le infiacchirà e le disperderà. Bisogna passare alternativamente dall'una all'altra e combinarle in giusta misura, in modo che la scrittura creativa riduca a un insieme organico quello che si è raccolto attraverso la lettura.








La Mia sera di Giovanni Pascoli

 Il giorno fu pieno di lampi;

ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.

È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.

O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Nè io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!

Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.

lunedì 21 settembre 2020

GEORGE ORWELL

 Perché l'uomo comune è passivo. All'interno di un cerchio ristretto... si sente padrone del proprio destino, ma di fronte ai grandiavvenimenti è impotente quanto di fronte agli elementi. Quindi, anziché tentare di influenzare il futuro, si mette giù e lascia che le cose gli succedano.” GEORGE ORWELL.

“In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile? Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?”



Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina, protagonista de La strada nei panni di Gelsomina

Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina, protagonista de La strada nei panni di Gelsomina
Il film, ricco di poesia, racconta il tenero ma anche turbolento rapporto fra Gelsomina, interpretata da Giulietta Masina, e Zampanò, interpretato da Anthony Quinn, due strampalati artisti di strada che percorrono l'Italia dell'immediato dopoguerra.

Paola Ojetti

Paola Ojetti
è soprattutto ricordata per la sua attività di traduttrice, iniziata sin da giovanissima con versioni dal francese e dall'inglese di dialoghi di film. Negli anni '30,

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Di ignoto - Radiocorriere ,p.d.

Il piccolo principe (Le Petit Prince) è un racconto di Antoine de Saint-Exupéry

la dedica

A Leone Werth.

Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il migliore amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini. E ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stata. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano.)
Perciò correggo la mia dedica:
A Leone Werth
quando era un bambino»

Fernando Botero

Fernando Botero
Di Roel Wijnants - Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia

Gato_(Fernando Botero)

Gato (Fernando Botero). CamilleHardy.