mercoledì 25 giugno 2025

La casa d'estate (quarta parte)

 

Capitolo 4 – La stanza che non c’era

Il mattino seguente, Clara si svegliò con un nodo alla gola, come se qualcosa durante la notte le avesse parlato nel sonno, ma non riuscisse a ricordare le parole. Aveva la sensazione di non essere sola nella stanza, eppure sapeva di esserlo. La casa le sembrava più vasta di quanto ricordasse, come se ogni notte aggiungesse una parete, un corridoio, un respiro in più.

Fece colazione in silenzio. Niente telefono, niente radio, solo i rumori della campagna e il ticchettio irregolare dell’orologio a pendolo giù nell’ingresso che a volte pareva accelerare, come se si stesse innervosendo.

Prese di nuovo il quaderno. Le ultime pagine erano confuse, ma una frase le si fissò negli occhi:

“Lui dice che la casa cambia. Dice che ogni tanto appare una stanza nuova e che è lì che si decide tutto.”

Clara ricordò un vecchio armadio nell’angolo della stanza da letto al piano superiore. Lo aveva sempre ignorato, pensando fosse chiuso da anni. Ma ora… non era più così sicura. Salì le scale lentamente, con la mano tesa sulla ringhiera di ferro battuto. Quando aprì la porta, la stanza sembrava più buia del solito, più carica.

L’armadio era lì. Massiccio, di legno scuro, decorato con motivi floreali intagliati. La chiave pendeva dal buco della serratura, come se qualcuno l’avesse appena lasciata lì. Clara l’afferrò. Un brivido le attraversò le dita, girò lentamente la chiave, sentì uno scatto secco. Aprì.

Ma non trovò abiti né mensole.

Dietro le ante si apriva un passaggio.

Un corridoio.

Impossibile!

Non c’era spazio architettonico per quel corridoio, eppure era lì, illuminato da una luce gialla, fievole, e profumava vagamente di lavanda e carta vecchia. Clara sentiva il cuore martellare nel petto, eppure entrò. Ogni passo sembrava attutito, come se camminasse sopra uno strato denso d’aria. Le pareti del corridoio erano coperte di foto: volti. occhi, alcuni familiari altri no.

 In fondo, una porta, era chiusa

Clara vi si avvicinò e con dita tremanti, la spinse. Si aprì senza rumore.

La stanza che si rivelò era piccola, polverosa, con una finestra aperta che dava sul vuoto. Letteralmente: non c’erano colline, né alberi, né cielo. Solo bianco. Come se il mondo lì non fosse ancora stato disegnato. Al centro della stanza c’era una sedia. Su di essa, un vestito giallo da bambina, piegato con cura. Accanto, un biglietto.

“Lo hai dimenticato, Clara. Ma lui no.”

Un suono dietro di lei.

Clara si voltò di scatto.

Lucia. Era lei giovane, come nelle foto,  la osservava con occhi lucidi.

“Non sei davvero tu,” sussurrò Clara.

“Eppure sono qui. Come eri tu, una volta, come potresti essere ancora.”

Clara fece un passo avanti. “Cosa vuole da me?”

Lucia abbassò lo sguardo. “Non vuole niente. È tu che vuoi qualcosa da lui. Sempre lo stesso errore. Lui non si prende. Si invita.”

“Chi è lui?” chiese Clara, a voce più alta.

Lucia si voltò verso l’esterno. “Non ha nome. Perché vive nei nostri pensieri. Cambia forma, ma resta. Aspetta. Tu sei tornata, e ora la casa ti riconosce.”

Il vestito giallo sulla sedia sembrava pulsare.

Clara si sentì girare la testa. Ricordi confusi: un’estate lontana, un’amica immaginaria. Una voce che le parlava dal buio dell’armadio. Una notte in cui aveva giurato a se stessa di non ricordare. Una promessa sussurrata a qualcosa che non doveva ascoltare.

Il mondo nella stanza si fece più chiaro. Vide sé stessa, bambina, che giocava con qualcun altro… ma il volto dell’altro era sfocato. Umano? Forse. Ma… non del tutto.

Fu allora che capì.

Non era Lucia a essere impazzita.

Era Clara che, da bambina, aveva aperto quella porta. Ed era lei ad averlo fatto entrare. Lucia, tornata d’estate, lo aveva ritrovato. E aveva cercato di chiudere il cerchio. Di fermarlo. Ma era scomparsa.

Clara chiuse gli occhi.

La stanza era sparita.

Era di nuovo nella camera da letto, davanti all’armadio chiuso.

Aveva sognato?

Aveva davvero aperto qualcosa?

Il vestito giallo, però, ora era sul letto.

E il biglietto sul cuscino.

“Hai già scelto. L’hai fatto da bambina. L’estate non dimentica.”

Clara non dormì quella notte.

E per la prima volta, comprese: la casa non era maledetta. Era viva. E la stava aspettando.

(continua)



Operette Morali di Leopardi

 Le Operette morali sono un’opera filosofico-letteraria scritta da Giacomo Leopardi tra il 1824 e il 1832. Sono composte da dialoghi immaginari e prose che riflettono in modo profondo, spesso ironico e amaro, sulla condizione umana, sul dolore, sulla natura e sull’infelicità dell’uomo.

È un testo che unisce lo stile elegante e limpido di Leopardi a una visione esistenziale potente e provocatoria. 

Operette morali, in particolare dal “Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere” — uno dei più noti e densi di significato:

> Venditore: “Credi che l’anno nuovo sarà felice?” > Passeggere: “Spero di sì.” > Venditore: “Quanti anni nuovi sono passati da che vivi?” > Passeggere: “Più di cinquanta.” > Venditore: “E ne hai mai avuto uno felice?” > Passeggere: “Veramente… no.” > Venditore: “Che dunque codesto che viene sia felice, è possibile?” > Passeggere: “È possibile.” > Venditore: “Ma come dicevi?” > Passeggere: “Dicevo che spero di sì.”

Questo brano è un concentrato del pessimismo lucido di Leopardi: mette in scena un dialogo semplice ma profondo sul disincanto, sulla speranza e sull’abitudine umana a confidare sempre nel futuro, nonostante l’esperienza insegni il contrario. È uno spaccato filosofico e amaro, ma anche ironico, sulla condizione umana.




domenica 22 giugno 2025

Stephen Hawking

 Stephen Hawking è stato uno dei più brillanti cosmologi e fisici teorici del nostro tempo. Nato l’8 gennaio 1942 a Oxford e scomparso il 14 marzo 2018 a Cambridge, ha rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo con i suoi studi sui buchi neri, la relatività e la cosmologia quantistica.

Nonostante la diagnosi precoce di una forma rara di sclerosi laterale amiotrofica (SLA), che lo ha progressivamente paralizzato, Hawking ha continuato a lavorare, scrivere e insegnare per decenni, diventando un simbolo di resilienza e genialità. Tra i suoi contributi più noti c’è la teoria della **radiazione di Hawking**, secondo cui i buchi neri emettono energia e possono evaporare nel tempo.

È stato autore di numerosi libri di divulgazione scientifica, tra cui *Dal Big Bang ai buchi neri – Breve storia del tempo*, che ha avvicinato milioni di lettori alla fisica moderna. La sua capacità di spiegare concetti complessi con chiarezza e ironia lo ha reso una vera icona pop della scienza.


Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, è l’illusione della conoscenza.


 Stephen Hawking








foto Di NASA - Original. Source (StarChild Learning Center). Archived directory listing at the Wayback Machine., 

lunedì 16 giugno 2025

Non son chi fui (UGO FOSCOLO)

Non son chi fui


Non son chi fui; perì di noi gran parte:
questo che avvanza è sol languore e pianto.
E secco è il mirto, e son le foglie sparte
del lauro, speme al giovenil mio canto.
Perché dal dì ch’empia licenza e Marte
vestivan me del lor sanguineo manto,
cieca è la mente e guasto il core, ed arte
la fame d’oro, arte è in me fatta, e vanto.
Che se pur sorge di morir consiglio,
a mia fiera ragion chiudon le porte
furor di gloria, e carità di figlio.
Tal di me schiavo, e d’altri, e della sorte,
conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,
e so invocare e non darmi la morte.




La casa d'estate (terza parte)

 

Capitolo 3 – La soffitta di Lucia

Clara trascinò il quaderno con sé giù dalla soffitta come si trattasse di una reliquia proibita. Lo tenne stretto al petto, come se potesse proteggerla da qualcosa che non riusciva ancora a nominare. Si sedette al tavolo della cucina, dove la luce del mattino cominciava a filtrare tra le persiane, disegnando righe dorate sulle mattonelle.

Aprì la prima pagina con lentezza, come se temesse che un gesto troppo brusco potesse dissolverne le parole.

“12 luglio. Oggi l’ho visto di nuovo. Era davanti all’altalena, immobile. Sorrideva. Ma non come una persona. Come una presenza che imita un sorriso umano.”

Clara deglutì. Scorse il resto della pagina, poi quella successiva. Le date non erano regolari, e nemmeno la calligrafia. A volte i tratti erano ordinati, misurati. Altre volte nervosi, spezzati, come scritti in fretta, con il fiato corto. Le parole descrivevano piccoli episodi: oggetti spostati di notte, rumori alle scale, un sussurro udito nel sonno. E poi, sempre, lui. Nessun nome. Solo “lui”.

“Dice che mi conosce. Dice che siamo legati da prima che io nascessi. Dice che aspetta. Aspetta me. Ma per cosa?”

Il cuore di Clara martellava. Chiunque fosse quella figura, Lucia lo aveva visto, o creduto di vederlo. E ora… ora c’era lei. Un fiore giallo sul piatto. L’altalena che si muoveva senza vento. La stessa casa.

Quella mattina, Clara uscì a piedi verso il paese. Aveva bisogno di parlare con qualcuno che conoscesse la sua famiglia. Qualcuno che ricordasse Lucia. Al piccolo bar in piazza trovò il signor Nanni, l’uomo più anziano del villaggio, che un tempo era amico del nonno.

“Lucia?” disse l’uomo, piegando il giornale con lentezza. “La zia di tua madre? Sì, certo. Strana ragazza, quella. Sempre sola, parlava poco. Dopo la morte dei suoi genitori, era rimasta qui, da sola, nella casa in cima. Alcuni dicevano che fosse un po’… fragile.”

“Fragile in che senso?” domandò Clara, cercando di nascondere l’urgenza nella voce.

“Dicevano che vedeva cose. Parlava con qualcuno che non c’era. Ma nessuno le ha mai voluto male. Sembrava tranquilla, solo... altrove. Poi, un giorno, se n’è andata. Sparita. Lasciò tutto dietro di sé. E nessuno seppe più nulla.”

Clara tornò a casa con la testa pesante. Quel “sparita” le ronzava in testa. Lucia non era morta lì. Non c’erano né una tomba né una data. Era semplicemente svanita. Come se qualcosa – o qualcuno – l’avesse chiamata via.

Quella sera, tornò in soffitta. Voleva rileggere il quaderno, trovare un indizio, una frase finale. Ma quando aprì la botola, vide che la luce al neon tremolava. Salì piano, ogni scalino un suono secco nel silenzio della casa. Il quaderno era ancora lì, sul baule. Ma accanto, adesso, c’era un’altra cosa.

Una foto.

Clara la prese con mani che tremavano. Ritraeva una ragazza – Lucia – in piedi accanto all’altalena. Ma il dettaglio che la fece gelare fu un’ombra, sullo sfondo. Un’ombra umana, dietro di lei. Ma sfocata. Deformata. Come se fosse stata lì, ma non appartenesse al mondo che la macchina fotografica poteva comprendere.

Girò la foto.

Sul retro, una scritta in stampatello incerto:

“Non ascoltarlo.”

Quella notte, Clara non dormì. Si sedette sull’altalena, guardando il buio davanti a sé. La luna era alta, il vento assente, eppure… di nuovo… la sensazione. Che qualcuno la stesse osservando.

Chiuse gli occhi.

E lo sentì.

Un sussurro, dietro l’orecchio, lieve come un fiato.

“Sei tornata per me.”

Si voltò di scatto, ma non c’era nessuno. Solo il buio e l’estate, densa e viva come un respiro trattenuto.




domenica 15 giugno 2025

La casa d'estate (seconda parte)

 Capitolo 2 – L’Ospite Invisibile

Clara rimase immobile, il respiro sospeso tra le ciglia della notte. Il buio aveva una sua voce, un suo odore, e in quel momento sembrava volerle dire qualcosa. L’altalena, fuori, continuava a muoversi piano, con quella lentezza che appartiene solo alle cose dimenticate. Sentiva il leggero rumore. Si alzò dal letto senza accendere la luce. Ogni passo sul pavimento scricchiolava come una parola pronunciata a mezza bocca. La casa pareva ascoltarla, come se attendesse la sua reazione. Quando arrivò alla finestra, il vetro le restituì il suo volto, ma per un istante le sembrò che ci fosse anche un’altra sagoma dietro la sua. Qualcosa o qualcuno… un’impressione fugace, come un’ombra che si pente di esistere.

L’altalena era ferma.

Clara si disse che era stato solo un sogno strano, uno di quelli che si confondono con la realtà nelle notti troppo calde. Tornò a letto, ma non riuscì più a dormire. Alle prime luci dell’alba, scese in cucina. Il tavolo di legno era esattamente come lo ricordava: segnato, vissuto, con un piccolo graffio sul bordo che lei stessa aveva fatto da bambina con una forchetta. Fu allora che lo vide. Un fiore. 



Un piccolo fiore di campo, giallo e vivo, appoggiato con cura sul piatto vuoto che nessuno aveva usato. Clara si irrigidì. Nessuno era venuto con lei. Nessuno sapeva che sarebbe arrivata quella notte. Uscì sul portico con il fiore stretto tra le dita. Il sole sorgeva dietro le colline, dorando i campi e le foglie degli ulivi. Tutto sembrava così normale. Così perfettamente estivo. Eppure, sentiva una presenza. Non minacciosa, ma nemmeno neutra. Una curiosità palpabile, un’attenzione silenziosa che vibrava nell’aria. Quando tornò in casa, decise di controllare tutte le stanze. Aprì porte, sollevò lenzuola, aprì gli armadi. Nulla. Ma in soffitta – dove nessuno metteva piede da anni – trovò qualcosa che non si aspettava: un quaderno. Nero, polveroso, con il nome “Lucia” scritto a penna, in una calligrafia familiare e spigolosa. Lucia era il nome di sua zia. Morta trent’anni prima.

Clara restò lì, ferma, con il quaderno tra le mani, mentre dalla finestra della soffitta il canto delle cicale si affievoliva, come se anche loro aspettassero di sapere cosa c’era scritto dentro.

E quando lo aprì, la prima frase la trafisse come una lama:

“Se leggerai queste parole, vuol dire che sei tornata. E non sei sola.”






Agostino d'Ippona

 Agostino d'Ippona, noto anche come Sant'Agostino, è stato un filosofo, teologo e vescovo della Chiesa cattolica, considerato uno dei più importanti pensatori della patristica occidentale. Nato nel 354 a Tagaste (nell'attuale Algeria), visse un'esistenza segnata da una profonda ricerca spirituale e filosofica, passando attraverso il manicheismo prima di convertirsi al cristianesimo. La sua filosofia si basa sulla riconciliazione tra ragione e fede, spirito e materia, e il pensiero pagano con la dottrina cristiana. Influenzato dal neoplatonismo, rielaborò la dottrina delle idee di Platone e la concezione dell'Uno di Plotino, adattandole alla visione cristiana di Dio come principio unico e assoluto dell'essere. Secondo Agostino, il male non ha un'esistenza autonoma, ma è solo una privazione del bene, causata dalla disobbedienza umana. Uno dei suoi concetti fondamentali è quello della grazia divina, che permette all'anima di ricevere l'illuminazione e di avvicinarsi a Dio. Pur riconoscendo il libero arbitrio, Agostino sottolinea come la salvezza dipenda esclusivamente dalla volontà divina. Inoltre, rivalutò la dimensione storica e terrena, affermando che il mondo materiale ha valore in quanto frutto dell'amore di Dio. La sua opera più celebre, *Le Confessioni*, è un'autobiografia spirituale in cui racconta il suo percorso di conversione e riflessione filosofica. Fu vescovo di Ippona dal 396 fino alla sua morte nel 430, dedicandosi alla difesa della dottrina cristiana contro le eresie del suo tempo. Il suo pensiero ha influenzato profondamente la teologia cristiana e la filosofia medievale.






martedì 10 giugno 2025

Jim Morrison e l'amicizia

 Jim Morrison aveva una visione dell'amicizia e della solitudine molto intensa e fuori dagli schemi. Per lui, l'amicizia era libertà assoluta, senza regole né vincoli. Credeva che le relazioni basate su doveri e aspettative fossero "morte in partenza" e cercava legami autentici, tra anime ribelli che si riconoscevano senza controllarsi a vicenda.

Sulla solitudine, Morrison la viveva come un elemento inevitabile della sua esistenza. Era un poeta inquieto, ossessionato dalla libertà e dai sogni, e spesso si sentiva distante dagli altri. Alcune sue frasi riflettono questa visione, come: "La gente tenta di nascondere la propria sofferenza, ma è un errore grave".

Era un uomo che cercava connessioni profonde, ma senza compromessi.






Marguerite Gérard

 

Marguerite Gérard (1761-1837) è stata una pittrice e incisore francese, attiva nel periodo Rococò e Pre-romantico. Cresciuta in una famiglia di profumieri a Grasse, si trasferì a Parigi dopo la morte della madre e visse per circa trent'anni al Louvre con sua sorella e il cognato, il pittore Jean-Honoré Fragonard, di cui fu allieva. 

Si specializzò nella pittura di genere, ispirandosi ai maestri olandesi del XVII secolo, e ottenne un notevole successo con oltre 300 dipinti e 80 ritratti. Nonostante le limitazioni imposte alle donne dall'Académie Royale, riuscì a esporre al Salon dal 1799 al 1824, vincendo diversi premi e guadagnando l'attenzione di importanti committenti, tra cui  Napoleone e Luigi XVIII. 

Il suo stile raffinato, caratterizzato da dettagli meticolosi e scene domestiche intime, influenzò altri artisti, tra cui suo nipote  Alexandre-Évariste Fragonard . Dopo la morte di Fragonard, continuò a vivere con sua sorella, dedicando la sua vita all'arte. 

 Le déjeuner du chat ("The Cat's Lunch"), oil on canvas, Musée Fragonard, Grasse, France
By Marguerite Gérard -


La casa d'estate

 Il caldo era arrivato all’improvviso, senza bussare. Una mattina, il cielo si era tinto di un azzurro liquido e denso, come vernice fresca, e l’aria profumava di erba tagliata e cicale. Il villaggio sembrava uscito da una cartolina dimenticata: persiane spalancate, tende leggere che si muovevano come veli, e strade di terra battuta dove le biciclette lasciavano tracce effimere.

Clara tornava ogni anno, sempre a luglio. La casa dei nonni, in cima alla collina, non cambiava mai: i muri bianchi screpolati dal sole, il portico ombroso, e l’altalena legata al vecchio ulivo, che oscillava piano anche senza vento. Era come se l’estate la aspettasse lì, ferma, paziente, in attesa del suo arrivo.

Il cancello cigolò come un saluto familiare. Clara lo spinse con il piede, tenendo con una mano la valigia e con l’altra il libro che stava leggendo da giorni. Il cortile era invaso da un silenzio vivo, pieno di ronzii e fruscii, e il tempo sembrava essersi stropicciato come un lenzuolo dimenticato al sole.

Fu dentro casa che tutto ricominciò. Le mattonelle fresche sotto i piedi nudi, il profumo di basilico sul davanzale, le fotografie in bianco e nero che guardavano da ogni parete con occhi antichi. Clara appoggiò la valigia accanto alla scala e salì in camera sua. Le tende erano le stesse dell’infanzia, così come il vecchio letto di ferro battuto. Si lasciò cadere sul materasso e chiuse gli occhi.

Fuori, le cicale cantavano come pazze.

Quella notte, qualcosa cambiò. Forse fu il vento che entrò dalla finestra aperta, portando con sé un odore di pioggia lontana. Forse fu il suono dei passi leggeri nel corridoio, o il fruscio di un vestito che non apparteneva a nessuno. Ma Clara si svegliò di colpo, e nella penombra vide l’altalena muoversi.

E non c’era vento.


Continua i prossimi giorni




Nikola Tesla

 Nikola Tesla è stato un inventore straordinario, noto per le sue idee rivoluzionarie nel campo dell'elettricità e dell'elettromagnetismo. Ecco alcuni aspetti affascinanti della sua vita:


Tesla nacque il 10 luglio 1856  a  Smiljan, nell'attuale Croazia, da una famiglia serba. Fin da giovane mostrò un'intelligenza eccezionale e una memoria fotografica. Studiò ingegneria elettrica al Politecnico di Graz e filosofia all, Università di Praga, ma non completò gli studi universitari.

Nel 1884 si trasferì negli Stati Uniti, dove lavorò brevemente con Thomas Edison, ma i due ebbero divergenze sulla corrente elettrica: Edison sosteneva la corrente continua (DC), mentre Tesla promuoveva la corrente alternata (AC), che si rivelò più efficiente per la distribuzione dell'energia. Grazie al supporto di George Westinghouse, Tesla contribuì alla diffusione della corrente alternata, vincendo la famosa "Guerra delle Correnti" contro Edison.


Tesla brevettò oltre 280 invenzioni, tra cui:

l motore a induzione e il sistema di distribuzione elettrica polifase.

La bobina di Tesla, utilizzata ancora oggi in esperimenti di alta tensione.

La trasmissione senza fili di energia, un concetto che cercò di sviluppare con la Wardenclyffe Tower, ma che non riuscì a completare per mancanza di fondi.


Negli ultimi anni, Tesla visse in isolamento a New York, dedicandosi a teorie futuristiche e alla ricerca scientifica. Morì il 7 gennaio 1943 a 86 anni, lasciando un'eredità immensa nel campo dell'ingegneria elettrica. Oggi, il suo nome è celebrato in tutto il mondo, e l'unità di misura dell'induzione magnetica, il Tesla (T), porta il suo nome.

Tesla era un visionario, spesso incompreso, ma le sue idee hanno plasmato il mondo moderno



Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina, protagonista de La strada nei panni di Gelsomina

Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina, protagonista de La strada nei panni di Gelsomina
Il film, ricco di poesia, racconta il tenero ma anche turbolento rapporto fra Gelsomina, interpretata da Giulietta Masina, e Zampanò, interpretato da Anthony Quinn, due strampalati artisti di strada che percorrono l'Italia dell'immediato dopoguerra.

Paola Ojetti

Paola Ojetti
è soprattutto ricordata per la sua attività di traduttrice, iniziata sin da giovanissima con versioni dal francese e dall'inglese di dialoghi di film. Negli anni '30,

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Il piccolo principe (Le Petit Prince) è un racconto di Antoine de Saint-Exupéry

la dedica

A Leone Werth.

Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il migliore amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini. E ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stata. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano.)
Perciò correggo la mia dedica:
A Leone Werth
quando era un bambino»

Fernando Botero

Fernando Botero
Di Roel Wijnants - Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia

Gato_(Fernando Botero)

Gato (Fernando Botero). CamilleHardy.