venerdì 25 dicembre 2020

La Notte Santa (Guido Gozzano)

La Notte Santa
(Guido Gozzano)

– Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell’osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.
Il campanile scocca
lentamente le sei.
– Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po’ di posto per me e per Giuseppe?
– Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe
Il campanile scocca
lentamente le sette.
– Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
– Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.
Il campanile scocca
lentamente le otto.
– O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
– S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno
d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.
Il campanile scocca
lentamente le nove.
– Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
– Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…
Il campanile scocca
lentamente le dieci.
– Oste di Cesarea… – Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell’alta e bassa gente.
Il campanile scocca
le undici lentamente.
La neve! – ecco una stalla! – Avrà posto per due?
– Che freddo! – Siamo a sosta – Ma quanta neve, quanta!
Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…
Maria già trascolora, divinamente affranta…
Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.
È nato!
Alleluja! Alleluja!
È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d’un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaje
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane! Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill’anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore.
È nato! È nato il Signore!
È nato nel nostro paese!
Risplende d’un astro divino
La notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino.
È nato!
Alleluja! Alleluja!

giovedì 24 dicembre 2020

Natale 2020 "IL Manifesto"

Il grande manifesto domina la strada centrale, tu sei lì mio caro papà che guardi tutti con il tuo sguardo fiero e deciso, anche questa città ti guarda e ti ammira, ricorda a tutti che tu ci sei e ci sarai per sempre.


martedì 24 novembre 2020

Oltre il mare "serie pensieri"

La strada che porta al mare è bellissima! Piena di alberi e di fiori che incorniciano il silenzio dell’estate, ogni tanto si sente un coro di volatili delle più svariate specie, il vento sbarazzino accarezza le foglie sugli alberi. Un gatto solitario cammina lungo il giaciglio della strada, la moto corre verso la splendida “scenografia”, il mio sguardo fissa il tempo. Ecco in lontananza il mare, giunti sul posto le onde cristalline risplendono di una luce innaturale, il battito del cuore fa da sottofondo allo spettacolo di eterna bellezza, non ci sono parole di completamento, solo silenzi e parole non dette. L’occhio si sofferma sulla linea dell’orizzonte, fruga oltre e poi ancora oltre..oltre il mare oltre l’orizzonte e oltre il tempo. Si lì dove ci sei tu mio caro papà, sei bello come quelle giornate d’estate in spiaggia, dove fiero mi guidavi lungo la riva a prendere le conchiglie , a bagnarmi la spalla con l’acqua salata per rinfrescarmi dal sole di agosto, mi dicevi tante cose e tra queste di quanto era bella una spiaggia deserta , di quanta strada dovevo fare per imparare a nuotare senza avere paura. Di quanto era bello un tronco d’albero sulla spiaggia assolutamente fuori luogo e di quanta forza dovevo avere per poterlo prendere..  noi due protagonisti del nostro tempo , dei miei sogni di bambina e delle tue certezze della vita. Tu che mi hai sempre guidato ora sei lì, al di la del mare.


a mio padre Bruno


Anna Maria



mercoledì 11 novembre 2020

San Martino di Giosuè Carducci

La nebbia a gl'irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar.

mercoledì 30 settembre 2020

A Silvia di Giacomo Leopardi

 Silvia, rimembri ancora

Quel tempo della tua vita mortale,           

Quando beltà splendea Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa, il limitare Di gioventù salivi? Sonavan le quiete Stanze, e le vie dintorno, Al tuo perpetuo canto, Allor che all'opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi Così menare il giorno. Io gli studi leggiadri Talor lasciando e le sudate carte, Ove il tempo mio primo E di me si spendea la miglior parte, D'in su i veroni del paterno ostello Porgea gli orecchi al suon della tua voce, Ed alla man veloce Che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, Le vie dorate e gli orti, E quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Lingua mortal non dice Quel ch'io sentiva in seno. Che pensieri soavi, Che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia La vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, Un affetto mi preme Acerbo e sconsolato, E tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, Perchè non rendi poi Quel che prometti allor? perchè di tanto Inganni i figli tuoi? Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, Da chiuso morbo combattuta e vinta, Perivi, o tenerella. E non vedevi Il fior degli anni tuoi; Non ti molceva il core La dolce lode or delle negre chiome, Or degli sguardi innamorati e schivi; Nè teco le compagne ai dì festivi Ragionavan d'amore. Anche peria fra poco La speranza mia dolce: agli anni miei Anche negaro i fati La giovanezza. Ahi come, Come passata sei, Cara compagna dell'età mia nova, Mia lacrimata speme! Questo è quel mondo? questi I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi Onde cotanto ragionammo insieme? Questa la sorte dell'umane genti? All'apparir del vero Tu, misera, cadesti: e con la mano La fredda morte ed una tomba ignuda Mostravi di lontano.


martedì 29 settembre 2020

Cento favole

 


Temporale di Giovanni Pascoli

 Un bubbolìo lontano…

Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
5 stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano.

Alla stazione in una mattina d'Autunno di Giosuè Carducci

 Oh quei fanali come s'inseguono 

accidiosi là dietro gli alberi, 
tra i rami stillanti di pioggia 
sbadigliando la luce su 'l fango! 
5 Flebile, acuta, stridula fischia 
la vaporiera da presso. Plumbeo 
il cielo e il mattino d'autunno 
come un grande fantasma n'è intorno. 
Dove e a che move questa, che affrettasi 
10 a' carri fóschi, ravvolta e tacita 
gente? a che ignoti dolori 
o tormenti di speme lontana? 
Tu pur pensosa, Lidia, la tessera 
al secco taglio dài de la guardia, 
15 e al tempo incalzante i begli anni 
dài, gl'istanti gioiti e i ricordi. 
Van lungo il nero convoglio e vengono 
incappucciati di nero i vigili, 
com'ombre; una fioca lanterna 
20 hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei 
freni tentati rendono un lugubre 
rintócco lungo: di fondo a l'anima 
un'eco di tedio risponde 
doloroso, che spasimo pare. 
25 E gli sportelli sbattuti al chiudere 
paion oltraggi: scherno par l'ultimo 
appello che rapido suona: 
grossa scroscia su' vetri la pioggia. 
Già il mostro, conscio di sua metallica 
30 anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei 
occhi sbarra; immane pe 'l buio 
gitta il fischio che sfida lo spazio. 
Va l'empio mostro; con traino orribile 
sbattendo l'ale gli amor miei portasi. 
35 Ahi, la bianca faccia e 'l bel velo 
salutando scompar ne la tenebra. 
O viso dolce di pallor roseo, 
o stellanti occhi di pace, o candida 
tra' floridi ricci inchinata 
40 pura fronte con atto soave! 
Fremea la vita nel tepid'aere, 
fremea l'estate quando mi arrisero; 
e il giovine sole di giugno 
si piacea di baciar luminoso 
45 in tra i riflessi del crin castanei 
la molle guancia: come un'aureola 
più belli del sole i miei sogni 
ricingean la persona gentile. 
Sotto la pioggia, tra la caligine 
50 torno ora, e ad esse vorrei confondermi; 
barcollo com'ebro, e mi tócco, 
non anch'io fossi dunque un fantasma. 
Oh qual caduta di foglie, gelida, 
continua, muta, greve, su l'anima! 
55 io credo che solo, che eterno, 
che per tutto nel mondo è novembre. 
Meglio a chi 'l senso smarrì de l'essere, 
meglio quest'ombra, questa caligine: 
io voglio io voglio adagiarmi 
60 in un tedio che duri infinito.

giovedì 24 settembre 2020

Seneca - Ritengo che le letture siano necessarie

 SENECA, Lettere a Lucilio (Lettera 84), I secolo d.C.

Perché facciano bene allo studio, te lo spiegherò: non ho abbandonato le mie letture. Ritengo che le letture siano necessarie, primo perché io non sia pago dei miei soli pensieri, poi perché, conoscendo le ricerche altrui, ne giudichi i risultati e rifletta su quanto resta ancora da scoprire. La lettura alimenta l'ingegno e, quando è affaticato dallo studio, lo ristora, pur richiedendo una certa applicazione.Non dobbiamo soltanto scrivere o soltanto leggere: la prima attività, quella dello scrivere, offuscherà ed esaurirà le forze, l'altra le infiacchirà e le disperderà. Bisogna passare alternativamente dall'una all'altra e combinarle in giusta misura, in modo che la scrittura creativa riduca a un insieme organico quello che si è raccolto attraverso la lettura.








La Mia sera di Giovanni Pascoli

 Il giorno fu pieno di lampi;

ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.

È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.

O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Nè io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!

Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.

lunedì 21 settembre 2020

GEORGE ORWELL

 Perché l'uomo comune è passivo. All'interno di un cerchio ristretto... si sente padrone del proprio destino, ma di fronte ai grandiavvenimenti è impotente quanto di fronte agli elementi. Quindi, anziché tentare di influenzare il futuro, si mette giù e lascia che le cose gli succedano.” GEORGE ORWELL.

“In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile? Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?”



lunedì 13 luglio 2020

Inferno di Dante

Inferno

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
(Inferno, Canto I, incipit)

“Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e ‘l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”.
(Inferno, Canto III, 1-9, Scritta sulla porta di ingresso dell’Inferno)

Questi non hanno speranza di morte
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ’nvidiosi son d’ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa
(Inferno, Canto III, 46-51, Ignavi)


Il Passero solitario di Giacomo Leopardi

D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
    Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de' provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch'omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s'allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell'aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
    Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all'altrui core,
E lor fia vòto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest'anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.

sabato 11 aprile 2020

Blowing In The Wind

Quante strade deve percorrere un uomo
Prima che lo si possa chiamare uomo?
Sì, e quanti mari deve sorvolare una bianca colomba
Prima che possa riposare nella sabbia?
Sì, e quante volte le palle di cannone dovranno volare
Prima che siano per sempre bandite?
La risposta, amico, sta soffiando nel vento.
La risposta sta soffiando nel vento.
Quante volte un uomo deve guardare verso l’alto
Prima che riesca a vedere il cielo?
Sì, e quante orecchie deve avere un uomo
Prima che possa ascoltare la gente piangere?
Sì, e quante morti ci vorranno perché egli sappia
Che troppe persone sono morte?
La risposta, amico, sta soffiando nel vento.
La risposta sta soffiando nel vento.

Bob Dylan

Resurrezione di Alessandro Manzoni

E' risorto: il capo santo
più non posa nel sudario
è risorto: dall'un canto
dell' avello solitario
sta il coperchio rovesciato:
come un forte inebbriato,
il Signor si risvegliò.
Era l'alba; e molli il viso
Maddalena e l'altre donne
fean lamento in su l'Ucciso;
ecco tutta di Sionne
si commosse la pendice
e la scolta insultatrice
di spavento tramortì.
Un estranio giovinetto
si posò sul monumento:
era folgore l'aspetto
era neve il vestimento:
alla mesta che 'l richiese
dié risposta quel cortese:
è risorto; non è qui.

domenica 22 marzo 2020

Topolino osserva

Topolino osserva.
Ecco dove siamo giunti! Topolino è triste, pensa, non sta facendo selfie con bambini , con  gente felice, non sta correndo per il parco, è tutto spento, vuoto come una giostra che ha finito la sua corsa, Zack il mio personaggio filmico diceva: ho finito la mia ultima corsa, una vita di sogni , illusioni, momenti di felicità….ebbene , nessuno lo avrebbe mai detto che le luci si sarebbero spente nelle grandi città e che queste fossero diventate deserte, senza vita, nessuno lo avrebbe detto oggi: nel 2020!
Nel parco dei personaggi Disney ,solitamente sapete cosa regna? La felicità fatta di colori, ma soprattutto di sogni e il sogno più bello per gli adulti è quello di ritornare bambini e vivere la magia dei colori, dei personaggi usciti dalla fantasia di un grande fumettista e di coloro che continuano a rappresentarlo,  oggi le luci si sono spente anche nei parchi e di topolino e paperino, ci sono i costumi in attesa di essere indossati, le giostre di essere accese; intanto l’umanità sta combattendo una battaglia contro un nemico invisibile, topolino ora non ride più  e questo significa che siamo arrivati al punto dove anche i sogni hanno cessato di esistere. 
Anna Maria Gentile

mercoledì 4 marzo 2020

Il passero solitario di Giacomo Leopardi

 D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
    Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de' provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch'omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s'allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell'aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
    Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all'altrui core,
E lor fia vòto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest'anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.


Fulgida stella di John Keats

Fulgida stella di John Keats



Fulgida stella, come tu lo sei
fermo foss'io, però non in solingo
splendore alto sospeso nella notte
con rimosse le palpebre in eterno
a sorvegliare come paziente
ed insonne Romito di natura
le mobili acque in loro puro ufficio
sacerdotale di lavacro intorno
ai lidi umani della terra, oppure
guardar la molle maschera di neve
quando appena coprì monti e pianure.

No, eppure sempre fermo, sempre senza
mutamento sul vago seno in fiore
dell'amor mio, come guanciale; sempre
sentirne il su e giù soave d'onda, sempre
desto in un dolce eccitamento
a udire sempre sempre il suo respiro
attenuato, e così viver sempre,
o se no, venir meno nella morte.


martedì 25 febbraio 2020

Carnevale


CARLO GOLDONI - La stagion del carnevale

CARLO GOLDONI - La stagion del carnevale

La stagion del Carnevale
tutto il Mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carnevale fa rallegrar.

Chi ha denari se li spende;
chi non ne ha ne vuol trovar;
e s'impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.

Qua la moglie e là il marito,
ognuno va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.
PAUL VERLAINE - Il clown

a Laurent Tailhade.
Bobèche, addio! buonasera, Pagliaccio! indietro, Gille!
Largo, buffoni invecchiati, al perfetto burlone,
largo! serissimo, discreto e molto altèro,
ecco che viene il maestro di tutti, l'agile clown.
Più svelto di Arlecchino e più prode di Achille,
è proprio lui, nella sua bianca corazza di raso;
vuoti e chiari come specchi senza stagno,
i suoi occhi non vivono nella maschera d'argilla.
Brillano azzurri tra il belletto e gli unguenti,
mentre la testa e il busto, eleganti,
si dondolano sull'arco paradossale delle gambe.
Poi sorride. Intorno la folla sciocca e laida,
la canaglia fetida e
santa
dei Giambi,
acclama l'istrione sinistro che la odia.

Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina, protagonista de La strada nei panni di Gelsomina

Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina, protagonista de La strada nei panni di Gelsomina
Il film, ricco di poesia, racconta il tenero ma anche turbolento rapporto fra Gelsomina, interpretata da Giulietta Masina, e Zampanò, interpretato da Anthony Quinn, due strampalati artisti di strada che percorrono l'Italia dell'immediato dopoguerra.

Paola Ojetti

Paola Ojetti
è soprattutto ricordata per la sua attività di traduttrice, iniziata sin da giovanissima con versioni dal francese e dall'inglese di dialoghi di film. Negli anni '30,

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Il piccolo principe (Le Petit Prince) è un racconto di Antoine de Saint-Exupéry

la dedica

A Leone Werth.

Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il migliore amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini. E ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stata. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano.)
Perciò correggo la mia dedica:
A Leone Werth
quando era un bambino»

Fernando Botero

Fernando Botero
Di Roel Wijnants - Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia

Gato_(Fernando Botero)

Gato (Fernando Botero). CamilleHardy.