C'è un pappagallino dai colori d’arancio e d’oro, una piccola fiamma viva che, dalla sua gabietta, scruta il mondo al di là della finestra. Attraverso le sbarre osserva il prato fiorito, il sole che si alza in cielo, la luna che sussurra ai sognatori e le stelle con i loro misteri infiniti.
La sua compagna di giorni, Anna Maria che lo coccola con carezze e dolci parole, un giorno lo ha invitato a contemplare il tramonto. "Guarda," gli disse con voce colma di meraviglia, "questo è il momento in cui il cielo si veste d’oro e porpora, come un re che celebra la sua gloria."
Il piccolo uccello, affacciandosi al richiamo di quella bellezza sconfinata, fissò l’orizzonte con occhi pieni di luce. Nella sua lingua di suoni meravigliosi forse sognando di librarsi verso quel fuoco morente, di toccare il confine fra la terra e l’infinito.
Ma c’è una saggezza nelle gabbie, una verità dura e silenziosa. Il mondo là fuori, che appare così libero e perfetto, cela insidie che il fragile cuore di chi è nato protetto non può comprendere. Lui, ignaro del vento freddo, degli artigli nascosti, della fame e del rischio, non sa che la bellezza, a volte, richiede un prezzo troppo alto per chi non è pronto a pagarlo.
E così, mentre il sole calava e dipingeva d’oro ogni cosa, Anna Maria posò una mano sulla gabbia e gli sussurrò: "Non ogni libertà è saggezza, né ogni limite è prigione. Anche dentro le sbarre si può essere vicini al cielo, se si sa vedere con il cuore."
Il pappagallino , guardava il tramonto, ma in fondo, era già lì..
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