Persone che lasciano il segno

 Il giardiniere di quartiere

Milano, 2018. Giovanni, pensionato ex ferroviere, iniziò a curare un’aiuola abbandonata sotto casa. Ogni mattina, con rastrello e annaffiatoio, piantava fiori, potava arbusti, e accoglieva i passanti con un sorriso. In pochi mesi, il suo piccolo giardino divenne punto d’incontro per il quartiere. I bambini lo chiamavano “il nonno dei fiori”. Quando il Comune lo premiò con una targa, lui disse: “Io ho solo dato un po’ d’amore alla terra. È lei che ha restituito bellezza.”









 La sarta della memoria

Lecce, 2021. Maria, sarta da tre generazioni, iniziò a raccogliere abiti smessi dai vicini. Non per rivenderli, ma per trasformarli in coperte patchwork che raccontavano storie. Ogni pezzo cucito aveva un’etichetta con il nome e il ricordo legato a quel tessuto. Le sue “copertine della memoria” vennero esposte in una mostra locale. “Cucire è come scrivere,” disse, “solo che le parole sono stoffa e le frasi sono cuciture.”















Il falegname e la scuola

Torino, 2015. Ahmed, falegname immigrato dal Marocco, notò che la scuola pubblica del quartiere aveva sedie rotte e banchi instabili. Senza chiedere nulla, iniziò a ripararli nel suo tempo libero. I genitori si unirono, portando vernici e utensili. In un mese, la scuola cambiò volto. Quando il preside gli chiese perché lo facesse, Ahmed rispose: “Mio figlio studia qui. Se la scuola è forte, lo sarà anche lui.”


Il murale della speranza

Napoli, 2020. Lucia, giovane artista, dipinse un murale su un muro grigio di periferia: una bambina che lancia in aria libri come fossero aquiloni. Il messaggio era chiaro: “La cultura ti fa volare.” Il murale attirò l’attenzione dei media, ma soprattutto dei ragazzi del quartiere, che iniziarono a frequentare la biblioteca vicina. Lucia disse: “Non volevo decorare un muro. Volevo aprire una finestra.”

Il cammino di Pietro

Umbria, 2019. Pietro, 78 anni, percorse a piedi 300 km lungo la Via Francigena per raccogliere fondi contro la solitudine degli anziani. Ogni tappa era un incontro: raccontava la sua storia, ascoltava quella degli altri. Alla fine del viaggio, aveva raccolto abbastanza per aprire un centro di ascolto. “Camminare è il modo più umano di avvicinarsi agli altri".


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Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il migliore amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini. E ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stata. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano.)
Perciò correggo la mia dedica:
A Leone Werth
quando era un bambino»

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