The Young Pope, opera televisiva firmata da Paolo Sorrentino, rappresenta una delle più audaci e sofisticate incursioni nel mondo della serialità contemporanea. Lungi dall’essere una semplice narrazione ecclesiastica, la serie si configura come un affresco metafisico, una riflessione profonda sul potere, sulla fede e sull’identità.
Al centro della vicenda vi è Lenny Belardo, alias Pio XIII, interpretato da un magnetico Jude Law. Giovane, enigmatico, contraddittorio, il pontefice americano incarna una figura che sfugge a ogni classificazione: non è né progressista né conservatore, ma piuttosto un simbolo vivente del mistero divino. La sua volontà di restare invisibile, di non concedersi al pubblico, è una scelta radicale che ribalta le logiche della comunicazione moderna e restituisce alla figura papale un’aura sacrale e inquietante.
Estetica e linguaggio
Sorrentino costruisce la serie come un’opera d’arte visiva. Ogni inquadratura è pensata con cura pittorica: il Vaticano diventa teatro barocco, le luci scolpiscono i volti, i silenzi parlano più delle parole. La colonna sonora, eclettica e potente, accompagna le scene con un ritmo che alterna sacro e profano, elevando l’esperienza dello spettatore a una dimensione quasi mistica.
Il linguaggio è volutamente provocatorio, poetico, a tratti ermetico. Le frasi di Pio XIII — “Io sono il Papa giovane e non do nessuna importanza al consenso” — non sono semplici battute, ma aforismi che interrogano il senso stesso dell’autorità spirituale.
Temi e simboli
La serie esplora con profondità il tema della fede come conflitto: Lenny è un uomo ferito, abbandonato, che cerca Dio non nella certezza ma nel dubbio. La sua rigidità non è dogmatismo, ma disperata ricerca di autenticità. Il rapporto con le figure femminili, in particolare suor Mary (Diane Keaton), aggiunge ulteriori sfumature alla sua complessa psicologia.
Il simbolismo è onnipresente: le colombe, le sigarette, la tiara papale, il silenzio. Ogni elemento contribuisce a costruire un universo narrativo stratificato, dove nulla è casuale e tutto rimanda a una dimensione superiore.
Conclusione
The Young Pope è un’opera che sfida lo spettatore, lo costringe a riflettere, a mettere in discussione le proprie certezze. È una serie che non cerca di piacere, ma di inquietare. In un panorama televisivo spesso dominato dalla prevedibilità, Sorrentino ci offre un prodotto che è al tempo stesso cinema, filosofia e teologia.
Un’opera che non si guarda: si contempla.
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