giovedì 28 agosto 2025

Il Gabbiano e la tempesta

 



Una notte tempestosa, mentre il vento imperversava con violenza e le onde si innalzavano come cavalli indomabili, un solitario gabbiano si ergeva immobile sul ciglio della scogliera. La sua figura, scura e maestosa, emergeva contro l’impeto dell’oceano in tumulto. Le sue ali, , erano ora ripiegate contro il corpo, come a voler trovare riparo dall’assalto della tempesta; lo sguardo restava fermo e inamovibile. Fissava l’orizzonte con una determinazione silenziosa, come se cercasse di carpire un segreto nascosto tra le onde infrante. I lampi squarciavano il cielo, illuminando fugacemente la vastità del mare, eppure, il gabbiano non si mosse. La sua presenza pareva una sfida all’ira degli elementi. Il fragore del mare si mescolava al canto del vento, creando una sinfonia selvaggia e possente.  Nel cuore della tempesta, il gabbiano rimaneva impassibile, come un guardiano silenzioso del regno marino; forse, in quel momento di quiete interiore,  trovava la sua libertà più profonda in mezzo al caos della natura, era un faro di serenità, un testimone muto della bellezza e della grandezza dell’universo. Custode di un mistero antico e infinito, che solo il cuore coraggioso poteva comprendere.

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A Leone Werth.

Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il migliore amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini. E ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stata. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano.)
Perciò correggo la mia dedica:
A Leone Werth
quando era un bambino»

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Fernando Botero
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