Quel giorno c'era un bellissimo tramonto , di quelli che colorano tutto d’oro e silenzio.
Una giovane donna camminava lungo il bordo di una scogliera, assorta nei suoi pensieri, quando udì un rumore improvviso: un cavallo era scivolato tra le rocce sottostanti, intrappolato, spaventato, incapace di risalire.
La donna si fermò. Nessuno intorno. Solo il vento e il respiro affannoso dell’animale.
Avrebbe potuto andare via — e invece cominciò a scendere, piano, aggrappandosi alle radici e alla pietra viva.
Quando arrivò vicino, il cavallo la guardò negli occhi. Non aveva paura, attendeva con speranza.
Lei si avvicinò ancora di più , parlando a voce bassa, come si parla ai bambini che hanno smesso di credere nei loro giochi.
Con gesti lenti, tagliò la corda impigliata, liberò la zampa e lo spinse verso un piccolo sentiero che portava in alto.
Quando il cavallo raggiunse la cima, non fuggì.
Si voltò, la fissò per un lungo istante, poi scosse la criniera e si allontanò al trotto, come a dire “ricorderò”.
Giorni dopo , qualcuno giurò di aver visto un cavallo tornare ogni sera sul ciglio della scogliera, restare immobile, guardare il mare.
Forse per gratitudine.
Forse per ricordare che la forza non è dominio, ma compassione.

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