La Furia dello Squalo
Ron "Squalo" Vargas era una leggenda vivente, un pirata del 2025 che non conosceva paura. Non solcava oceani, ma dominava le coste del Salento e il cyberspazio. La sua base era un vecchio arsenale nascosto tra gli scogli di Torre Chianca, e la sua nave, la Lancia d’Ombra, era un motoscafo d'assalto modificato: blindato, veloce come il vento, armato con tecnologie clandestine e sistemi anti-tracciamento.
Ron non cercava denaro: il suo vero bottino erano i segreti delle mega-corporazioni che volevano stravolgere il suo mondo. Nato e cresciuto tra i vicoli di Lecce vecchia, aveva visto la sua città cambiata da speculazioni senza scrupoli. Quando la Nexus Corp rase al suolo un intero quartiere di palazzi barocchi per costruire resort di lusso destinati ai turisti milionari, Ron giurò vendetta.
La sua ciurma era piccola ma letale:
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Mei, una hacker venuta da Pechino, esperta in crittografia e sistemi satellitari.
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Jamal, meccanico keniota che sapeva trasformare una Vespa scassata in una macchina da guerra.
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Sofia, una giornalista di Bari che, attraverso trasmissioni clandestine su canali pirata, raccontava al mondo la verità che i media ufficiali insabbiavano.
Una sera, nascosti tra gli ulivi vicino al mare, intercettarono un messaggio criptato: Nexus stava per attivare Eclissi Nera, un sistema capace di controllare ogni dispositivo connesso nel Salento – smartphone, telecamere, droni civili, persino le reti di irrigazione delle campagne. Il centro operativo si trovava su una piattaforma offshore, installata abusivamente oltre le acque di Porto Cesareo: il Colosso di Cromo, protetto da droni da combattimento e difeso da una IA militare chiamata Kraken.
Sembrava una missione suicida, ma Ron non conosceva la parola "rinunciare".
«Colpiamo ora o perderemo tutto ciò che amiamo.» disse, con il vento tra i capelli
Il piano era pazzesco.
La Lancia d’Ombra si lanciò nella notte, sfruttando una tempesta in arrivo. Mei si collegò al suo terminale portatile per ingaggiare un duello informatico con Kraken; Jamal preparava droni artigianali caricati di esplosivi fatti in casa; Sofia lanciava un segnale radio pirata che svelava al mondo la verità su Nexus, trasmettendo da una vecchia casa abbandonata tra le campagne di San Cataldo.
Mentre la piattaforma galleggiante scatenava il suo arsenale – mitragliatrici automatizzate e droni a inseguimento – Ron, con una tuta rinforzata e un arpione modificato, guidò l’assalto.
Si lanciò dal motoscafo, usando un jetpack artigianale rubato a un deposito della marina militare, planando sulla piattaforma. Qui affrontò i cybermastini, cani robotici da guardia programmati per sbranare. Con un mix di granate EMP e pugni ben assestati, riuscì a farsi strada, anche se ferito al volto da un graffio metallico.
All'interno del Colosso, un dedalo di corridoi metallici illuminati da luci d’emergenza lo attendeva. Le difese si chiudevano attorno a lui. Mei, sempre più in difficoltà contro Kraken, lo avvisò:
«Ron, hai due minuti! Poi siamo fritti!»
Arrivò al cuore del sistema: un server blindato alimentato da una turbina di energia solare marina. Ad attenderlo, Victor Crane, il CEO di Nexus, protetto da un esoscheletro di nanotecnologie rigeneranti.
«Sei finito, relitto del passato!» sputò Crane, mentre sparava ondate soniche.
Ma Ron non si lasciò intimidire. Usando un dispositivo improvvisato, lo intrappolò brevemente in un campo di stasi quantica. Lo scontro fu feroce: fendenti, esplosioni di plasma, sangue e scintille. Ron, pur con due costole fratturate, riuscì a sabotare il nucleo di Eclissi Nera, collegandoci un ordigno artigianale.
Con un boato apocalittico, il Colosso saltò in aria, la deflagrazione visibile fin oltre Torre dell'Orso.
Ron, trascinato in mare dall'onda d'urto, fu salvato in extremis dalla Lancia d’Ombra, semi affondata ma ancora viva. Sofia e Jamal, feriti ma sorridenti, lo tirarono a bordo. Mei, esausta ma viva, riuscì a dare il colpo di grazia a Kraken, mandando in tilt tutte le macchine nemiche.
Sotto un’alba di fuoco, tra relitti galleggianti e odore di ozono, Ron guardò i suoi amici.
«Pronti a riprenderci il nostro mare?» sussurrò, la voce roca ma indomita.
La ciurma esultò, e la Lancia d’Ombra si lanciò verso l’orizzonte, tra le onde limpide del Salento.
Ron “Squalo” Vargas non si sarebbe mai fermato. Finché ci fosse stato anche solo un lembo di terra o di mare da proteggere, lui avrebbe combattuto.
Per Lecce. Per la libertà.