giovedì 28 agosto 2025

Continua a stupirti

 A volte la vita ci spinge a osservare con attenzione le cose che ruotano intorno a noi, che forse prima ignoravamo o ci lasciavano indifferenti. È la magia delle emozioni, del cambiamento, e di quella voglia di continuare a stupirsi, di restare incantati, per poi accogliere la realtà che abbiamo costruito sognando ad occhi aperti, mentre contemplavamo ciò che già possedevamo.

Il Gabbiano e la tempesta

 



Una notte tempestosa, mentre il vento imperversava con violenza e le onde si innalzavano come cavalli indomabili, un solitario gabbiano si ergeva immobile sul ciglio della scogliera. La sua figura, scura e maestosa, emergeva contro l’impeto dell’oceano in tumulto. Le sue ali, , erano ora ripiegate contro il corpo, come a voler trovare riparo dall’assalto della tempesta; lo sguardo restava fermo e inamovibile. Fissava l’orizzonte con una determinazione silenziosa, come se cercasse di carpire un segreto nascosto tra le onde infrante. I lampi squarciavano il cielo, illuminando fugacemente la vastità del mare, eppure, il gabbiano non si mosse. La sua presenza pareva una sfida all’ira degli elementi. Il fragore del mare si mescolava al canto del vento, creando una sinfonia selvaggia e possente.  Nel cuore della tempesta, il gabbiano rimaneva impassibile, come un guardiano silenzioso del regno marino; forse, in quel momento di quiete interiore,  trovava la sua libertà più profonda in mezzo al caos della natura, era un faro di serenità, un testimone muto della bellezza e della grandezza dell’universo. Custode di un mistero antico e infinito, che solo il cuore coraggioso poteva comprendere.

martedì 26 agosto 2025

Sant'Oronzo 2025 , dall’alto della colonna

 

La sera calava lieve su Lecce, come un sipario di velluto pronto ad annunciare lo spettacolo.  Le pietre dorate della piazza restituivano, i bagliori delle luminarie, i cui arabeschi si innalzavano verso l’alto, come a voler toccare il cielo. Era la festa di Sant'Oronzo, e la città sembrava trattenere il respiro per non disturbare la magia.

La gente camminava con passo lento e con passo veloce. I bambini correvano tra le bancarelle, stringendo in mano palloncini e zucchero filato I venditori gridavano con voce allegra, offrendo torrone, pupi di cartapesta, piccoli miracoli da portare a casa; ma tra i sorrisi, c’era anche chi sorrideva con gli occhi bassi.

Accanto a una panchina, sotto un arco di luce, un uomo aveva steso un telo. Sopra, oggetti semplici: braccialetti fatti a mano, portachiavi scolpiti nel legno, qualche libro consumato dal tempo, non aveva insegne, né musica. solo uno sguardo che cercava, tra la folla, un gesto gentile.

La sua postazione era improvvisata, come la sua speranza. Non gridava, non chiamava. Aspettava. Ogni moneta che riceveva era un frammento di cena, un sorriso da portare a casa ai figli. Il suo volto era segnato dal sole e dalla dignità,  il suo sorriso, quello sì, era triste,  ma non spento.

La festa continuava intorno a lui. La banda suonava, i fuochi finalmente esplosero nel cielo, e la città applaudiva, ma lui restava lì, come una nota fuori dal coro, come una poesia che non chiede di essere letta, ma solo di essere vista,  Sant'Oronzo, dall’alto della sua colonna, guardava anche lui; non solo chi festeggiava, ma anche chi resisteva, non solo chi ballava, ma anche chi chi sperava, perché ogni festa è completa solo quando abbraccia tutti, specie chi ha poco e ha solo il coraggio di provarci ancora.

Buona Festa di Sant’Oronzo a tutti



martedì 12 agosto 2025

D’estate di Giovanni Pascoli

 Le cavallette sole

sorridono in mezzo

alla gramigna gialla.

I moscerini danzano al sole

trema uno stelo

sotto una farfalla. Notte d’Estate



venerdì 25 luglio 2025

Toby Keith su Clint Eastwood


 «Ho chiesto a Clint Eastwood:

"Hai quasi 90 anni. Hai girato tutto il giorno, oggi. Giri anche domani. E non sembri mai stanco. Come fai a continuare così?"

E lui mi ha risposto:
"Ogni giorno, quando mi sveglio, non lascio entrare il vecchio."

Gli ho detto:
"Cosa significa?"

E lui ha detto:
"Il vecchio è sempre lì fuori. Bussa alla porta. Ma io non lo faccio entrare. Lo tengo fuori. Il mio segreto è sempre stato lo stesso, fin dal 1959: restare occupato. Mai fermarsi. Mai lasciargli spazio."


🌟 Morale

Clint Eastwood non parlava solo dell’età fisica, ma della mentalità: non lasciare che la stanchezza, la nostalgia, il disincanto o la pigrizia prendano il sopravvento. Il “vecchio” è una metafora per tutto ciò che ti fa mollare.

mercoledì 25 giugno 2025

La casa d'estate (quarta parte)

 

Capitolo 4 – La stanza che non c’era

Il mattino seguente, Clara si svegliò con un nodo alla gola, come se qualcosa durante la notte le avesse parlato nel sonno, ma non riuscisse a ricordare le parole. Aveva la sensazione di non essere sola nella stanza, eppure sapeva di esserlo. La casa le sembrava più vasta di quanto ricordasse, come se ogni notte aggiungesse una parete, un corridoio, un respiro in più.

Fece colazione in silenzio. Niente telefono, niente radio, solo i rumori della campagna e il ticchettio irregolare dell’orologio a pendolo giù nell’ingresso che a volte pareva accelerare, come se si stesse innervosendo.

Prese di nuovo il quaderno. Le ultime pagine erano confuse, ma una frase le si fissò negli occhi:

“Lui dice che la casa cambia. Dice che ogni tanto appare una stanza nuova e che è lì che si decide tutto.”

Clara ricordò un vecchio armadio nell’angolo della stanza da letto al piano superiore. Lo aveva sempre ignorato, pensando fosse chiuso da anni. Ma ora… non era più così sicura. Salì le scale lentamente, con la mano tesa sulla ringhiera di ferro battuto. Quando aprì la porta, la stanza sembrava più buia del solito, più carica.

L’armadio era lì. Massiccio, di legno scuro, decorato con motivi floreali intagliati. La chiave pendeva dal buco della serratura, come se qualcuno l’avesse appena lasciata lì. Clara l’afferrò. Un brivido le attraversò le dita, girò lentamente la chiave, sentì uno scatto secco. Aprì.

Ma non trovò abiti né mensole.

Dietro le ante si apriva un passaggio.

Un corridoio.

Impossibile!

Non c’era spazio architettonico per quel corridoio, eppure era lì, illuminato da una luce gialla, fievole, e profumava vagamente di lavanda e carta vecchia. Clara sentiva il cuore martellare nel petto, eppure entrò. Ogni passo sembrava attutito, come se camminasse sopra uno strato denso d’aria. Le pareti del corridoio erano coperte di foto: volti. occhi, alcuni familiari altri no.

 In fondo, una porta, era chiusa

Clara vi si avvicinò e con dita tremanti, la spinse. Si aprì senza rumore.

La stanza che si rivelò era piccola, polverosa, con una finestra aperta che dava sul vuoto. Letteralmente: non c’erano colline, né alberi, né cielo. Solo bianco. Come se il mondo lì non fosse ancora stato disegnato. Al centro della stanza c’era una sedia. Su di essa, un vestito giallo da bambina, piegato con cura. Accanto, un biglietto.

“Lo hai dimenticato, Clara. Ma lui no.”

Un suono dietro di lei.

Clara si voltò di scatto.

Lucia. Era lei giovane, come nelle foto,  la osservava con occhi lucidi.

“Non sei davvero tu,” sussurrò Clara.

“Eppure sono qui. Come eri tu, una volta, come potresti essere ancora.”

Clara fece un passo avanti. “Cosa vuole da me?”

Lucia abbassò lo sguardo. “Non vuole niente. È tu che vuoi qualcosa da lui. Sempre lo stesso errore. Lui non si prende. Si invita.”

“Chi è lui?” chiese Clara, a voce più alta.

Lucia si voltò verso l’esterno. “Non ha nome. Perché vive nei nostri pensieri. Cambia forma, ma resta. Aspetta. Tu sei tornata, e ora la casa ti riconosce.”

Il vestito giallo sulla sedia sembrava pulsare.

Clara si sentì girare la testa. Ricordi confusi: un’estate lontana, un’amica immaginaria. Una voce che le parlava dal buio dell’armadio. Una notte in cui aveva giurato a se stessa di non ricordare. Una promessa sussurrata a qualcosa che non doveva ascoltare.

Il mondo nella stanza si fece più chiaro. Vide sé stessa, bambina, che giocava con qualcun altro… ma il volto dell’altro era sfocato. Umano? Forse. Ma… non del tutto.

Fu allora che capì.

Non era Lucia a essere impazzita.

Era Clara che, da bambina, aveva aperto quella porta. Ed era lei ad averlo fatto entrare. Lucia, tornata d’estate, lo aveva ritrovato. E aveva cercato di chiudere il cerchio. Di fermarlo. Ma era scomparsa.

Clara chiuse gli occhi.

La stanza era sparita.

Era di nuovo nella camera da letto, davanti all’armadio chiuso.

Aveva sognato?

Aveva davvero aperto qualcosa?

Il vestito giallo, però, ora era sul letto.

E il biglietto sul cuscino.

“Hai già scelto. L’hai fatto da bambina. L’estate non dimentica.”

Clara non dormì quella notte.

E per la prima volta, comprese: la casa non era maledetta. Era viva. E la stava aspettando.

(continua)



Operette Morali di Leopardi

 Le Operette morali sono un’opera filosofico-letteraria scritta da Giacomo Leopardi tra il 1824 e il 1832. Sono composte da dialoghi immaginari e prose che riflettono in modo profondo, spesso ironico e amaro, sulla condizione umana, sul dolore, sulla natura e sull’infelicità dell’uomo.

È un testo che unisce lo stile elegante e limpido di Leopardi a una visione esistenziale potente e provocatoria. 

Operette morali, in particolare dal “Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere” — uno dei più noti e densi di significato:

> Venditore: “Credi che l’anno nuovo sarà felice?” > Passeggere: “Spero di sì.” > Venditore: “Quanti anni nuovi sono passati da che vivi?” > Passeggere: “Più di cinquanta.” > Venditore: “E ne hai mai avuto uno felice?” > Passeggere: “Veramente… no.” > Venditore: “Che dunque codesto che viene sia felice, è possibile?” > Passeggere: “È possibile.” > Venditore: “Ma come dicevi?” > Passeggere: “Dicevo che spero di sì.”

Questo brano è un concentrato del pessimismo lucido di Leopardi: mette in scena un dialogo semplice ma profondo sul disincanto, sulla speranza e sull’abitudine umana a confidare sempre nel futuro, nonostante l’esperienza insegni il contrario. È uno spaccato filosofico e amaro, ma anche ironico, sulla condizione umana.




domenica 22 giugno 2025

Stephen Hawking

 Stephen Hawking è stato uno dei più brillanti cosmologi e fisici teorici del nostro tempo. Nato l’8 gennaio 1942 a Oxford e scomparso il 14 marzo 2018 a Cambridge, ha rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo con i suoi studi sui buchi neri, la relatività e la cosmologia quantistica.

Nonostante la diagnosi precoce di una forma rara di sclerosi laterale amiotrofica (SLA), che lo ha progressivamente paralizzato, Hawking ha continuato a lavorare, scrivere e insegnare per decenni, diventando un simbolo di resilienza e genialità. Tra i suoi contributi più noti c’è la teoria della **radiazione di Hawking**, secondo cui i buchi neri emettono energia e possono evaporare nel tempo.

È stato autore di numerosi libri di divulgazione scientifica, tra cui *Dal Big Bang ai buchi neri – Breve storia del tempo*, che ha avvicinato milioni di lettori alla fisica moderna. La sua capacità di spiegare concetti complessi con chiarezza e ironia lo ha reso una vera icona pop della scienza.


Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, è l’illusione della conoscenza.


 Stephen Hawking








foto Di NASA - Original. Source (StarChild Learning Center). Archived directory listing at the Wayback Machine., 

lunedì 16 giugno 2025

Non son chi fui (UGO FOSCOLO)

Non son chi fui


Non son chi fui; perì di noi gran parte:
questo che avvanza è sol languore e pianto.
E secco è il mirto, e son le foglie sparte
del lauro, speme al giovenil mio canto.
Perché dal dì ch’empia licenza e Marte
vestivan me del lor sanguineo manto,
cieca è la mente e guasto il core, ed arte
la fame d’oro, arte è in me fatta, e vanto.
Che se pur sorge di morir consiglio,
a mia fiera ragion chiudon le porte
furor di gloria, e carità di figlio.
Tal di me schiavo, e d’altri, e della sorte,
conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,
e so invocare e non darmi la morte.




Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina, protagonista de La strada nei panni di Gelsomina

Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina, protagonista de La strada nei panni di Gelsomina
Il film, ricco di poesia, racconta il tenero ma anche turbolento rapporto fra Gelsomina, interpretata da Giulietta Masina, e Zampanò, interpretato da Anthony Quinn, due strampalati artisti di strada che percorrono l'Italia dell'immediato dopoguerra.

Paola Ojetti

Paola Ojetti
è soprattutto ricordata per la sua attività di traduttrice, iniziata sin da giovanissima con versioni dal francese e dall'inglese di dialoghi di film. Negli anni '30,

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Di ignoto - Radiocorriere ,p.d.

Il piccolo principe (Le Petit Prince) è un racconto di Antoine de Saint-Exupéry

la dedica

A Leone Werth.

Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il migliore amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini. E ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stata. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano.)
Perciò correggo la mia dedica:
A Leone Werth
quando era un bambino»

Fernando Botero

Fernando Botero
Di Roel Wijnants - Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia

Gato_(Fernando Botero)

Gato (Fernando Botero). CamilleHardy.