lunedì 17 novembre 2025

Boris Pasternak: la poesia della vita autentica

 «Vivere significa sempre lanciarsi in avanti, verso qualcosa di superiore, verso la perfezione, lanciarsi e cercare di arrivarci.» (Il dottor Živago)

Boris Pasternak è stato uno dei grandi poeti e romanzieri del Novecento, capace di trasformare la sua esistenza travagliata in un canto universale sulla dignità umana. Le sue parole continuano a parlarci di libertà interiore, di caduta e rinascita, di resistenza contro l’omologazione.

 Alcune citazioni memorabili

  • «Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore.» (Il dottor Živago)

  • «L’uomo nasce per vivere, non per prepararsi a vivere.» (Il salvacondotto, 1931)

  • «Bisogna essere di un’irrimediabile nullità per sostenere un solo ruolo nella vita.» (Il dottor Živago)

  • «Oh come si desidera a volte poter scappare dall’insulsa monotonia dell’umana eloquenza, per cercare rifugio nella natura, nel sonno profondo, nella musica vera o nell’umana comprensione zittita dall’emozione!» (Il dottor Živago)



 La storia di Boris Pasternak

  • Origini: Nato a Mosca nel 1890, in una famiglia di artisti (padre pittore, madre pianista), crebbe immerso nell’arte e nella cultura.

  • Formazione: Studiò musica e filosofia, ma scelse la letteratura come sua vera vocazione.

  • Poesia e narrativa: Esordì con raccolte poetiche vicine al futurismo, ma il suo stile rimase sempre personale, lirico e visionario.

  • Il capolavoro: Il dottor Živago (1957) racconta la Russia rivoluzionaria attraverso la vita di Jurij Živago, medico e poeta. È un romanzo di amore, dolore e ricerca di verità.

  • Il Nobel e la persecuzione: Nel 1958 vinse il Premio Nobel per la Letteratura, ma fu costretto a rifiutarlo dalle autorità sovietiche. Il romanzo fu bandito in patria e pubblicato solo all’estero.

  • Gli ultimi anni: Morì nel 1960 a Peredelkino, vicino Mosca. Solo nel 1988 Il dottor Živago fu pubblicato ufficialmente in Russia, restituendo al suo autore il posto che gli spettava nella cultura nazionale.

 Conclusione

Pasternak ci insegna che la perfezione non è mai un punto d’arrivo, ma un movimento continuo verso l’autenticità. La sua voce rimane un invito a vivere con coraggio, a cadere e rialzarsi, a cercare la verità anche quando costa isolamento e dolore.




Boris Pasternak nel 1959

martedì 4 novembre 2025

Il cavallo

 Quel giorno c'era un bellissimo tramonto , di quelli che colorano tutto d’oro e silenzio.

Una giovane donna camminava lungo il bordo di una scogliera, assorta nei suoi pensieri, quando udì un rumore improvviso: un cavallo era scivolato tra le rocce sottostanti, intrappolato, spaventato, incapace di risalire.

La donna si fermò. Nessuno intorno. Solo il vento e il respiro affannoso dell’animale.
Avrebbe potuto andare via — e invece cominciò a scendere, piano, aggrappandosi alle radici e alla pietra viva.

Quando arrivò vicino, il cavallo la guardò negli occhi. Non aveva paura, attendeva con speranza.
Lei si avvicinò ancora di più , parlando a voce bassa, come si parla ai bambini che hanno smesso di credere nei loro giochi.
Con gesti lenti, tagliò la corda impigliata, liberò la zampa e lo spinse verso un piccolo sentiero che portava in alto.

Quando il cavallo raggiunse la cima, non fuggì.
Si voltò, la fissò per un lungo istante, poi scosse la criniera e si allontanò al trotto, come a dire “ricorderò”.

Giorni dopo , qualcuno giurò di aver visto un cavallo tornare ogni sera sul ciglio della scogliera, restare immobile, guardare il mare.
Forse per gratitudine.
Forse per ricordare che la forza non è dominio, ma compassione.




lunedì 3 novembre 2025

“Novembre” di Giovanni Pascoli

 Gemmea l’aria, il sole così chiaro  

che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,  

e del prunalbo l’odorino amaro  

senti nel cuore...  


Ma secco è il pruno, e le stecchite piante  

di nere trame segnano il sereno,  

e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante  

sembra il terreno.  


Silenzio, intorno: solo, alle ventate,  

odi lontano, da giardini ed orti,  

di foglie un cader fragile. È l’estate,  

fredda, dei morti.

Giovanni Pascoli fotografato nella casa di campagna a Castelvecchio di Barga



La poesia descrive un giorno di novembre che, a prima vista, sembra quasi primaverile: l’aria è limpida, il sole splende, e pare di sentire il profumo dei fiori di pruno e di albicocco. Ma è solo un’illusione: in realtà gli alberi sono secchi, il cielo vuoto, la terra arida e silenziosa. L’unico suono è quello delle foglie che cadono al vento. Pascoli chiude con un’immagine potente: questa apparente primavera è in realtà l’“estate fredda dei morti”, cioè il periodo di novembre legato alla commemorazione dei defunti.

 Significato

  • Contrasto illusione/realtà: la natura sembra rinascere, ma in verità è spoglia e segnata dalla morte.

  • Simbolismo dei fiori: i fiori evocati non esistono davvero, sono solo un inganno della percezione.

  • Tema centrale: la fragilità della vita e l’illusione della bellezza che svanisce.


Riassunto del sito

Rubriche principali

Pittore del mese
“Ogni pennellata è un respiro che resta sulla tela.”
“La parola diventa luce quando incontra il silenzio.”
“Un disegno, due righe, e nasce un mondo intero.”
“Piccoli frammenti di vita che restano impressi.”
“Storie di chi ha illuminato il cammino degli altri.”

Poesia e immagini

Sentimenti
“Il cuore parla con parole che non hanno voce.”
“A volte il vuoto racconta più di mille frasi.”
“Ogni stagione porta con sé un ricordo da custodire.”

Friedrich Nietzsche: il filosofo che ha osato guardare nell’abisso

 Friedrich Nietzsche non è stato soltanto un pensatore, ma un terremoto nella storia della filosofia. Nato nel 1844 a Röcken, in Germania, figlio di un pastore luterano, la sua vita fu segnata da fragilità fisiche e da un destino tragico, ma anche da una forza intellettuale capace di scuotere le fondamenta della cultura occidentale. Nietzsche non si limitò a scrivere libri: mise in discussione i valori, le certezze e le illusioni di un’intera civiltà.

La sua filosofia è un invito a guardare oltre le maschere della morale tradizionale, a smascherare ciò che si nasconde dietro concetti come “bene” e “male”. Con opere come Così parlò Zarathustra, Al di là del bene e del male e La genealogia della morale, Nietzsche ci ha consegnato immagini potenti: la “morte di Dio”, che non è un atto di ateismo banale, ma la constatazione che i valori assoluti dell’Occidente si sono sgretolati; l’Oltreuomo, simbolo di chi sa creare nuovi orizzonti; e la volontà di potenza, intesa come energia vitale che spinge l’uomo a superare se stesso.

Nietzsche non fu mai un pensatore “accademico”. La sua scrittura è aforistica, poetica, spesso incendiaria. Non costruisce sistemi, ma lancia scintille. Ogni sua frase sembra un colpo di martello, capace di frantumare idoli e aprire spazi di libertà. Non a caso, lui stesso definiva la sua filosofia come “filosofare col martello”.

Eppure, dietro la forza delle sue parole, c’è anche una fragilità umana. Nietzsche visse gran parte della sua vita in solitudine, lontano dalle università e dai salotti culturali. La sua salute precaria lo costrinse a un’esistenza errante, tra le montagne svizzere e le città italiane come Genova, Torino e Sorrento. Proprio in Italia trovò spesso l’ispirazione per le sue opere più luminose, immerse nella luce mediterranea.

Il suo pensiero non è mai un invito al nichilismo passivo, ma al contrario una sfida: trasformare il vuoto lasciato dalla caduta dei vecchi valori in un’occasione di creazione. Nietzsche ci chiede di diventare artisti della nostra vita, di danzare sul filo del caos, di dire “sì” all’esistenza anche nei suoi aspetti più duri.

Forse è per questo che, ancora oggi, Nietzsche continua a parlarci con una voce attuale e inquietante. In un mondo che spesso cerca certezze facili, lui ci ricorda che la vera grandezza nasce dal coraggio di affrontare l’incertezza.

Come scrisse ne La gaia scienza: “Bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante.”

Gustav-Adolf Schultze (d. 1897) - Nietzsche by Walter Kaufmann, Princeton Paperbacks, Fourth Edition


giovedì 23 ottobre 2025

L'’Ottocento Letterario: tra Romanticismo, Verismo e Decadenza

 

Il XIX secolo rappresenta una delle epoche più vivaci e trasformative della letteratura italiana. In un periodo segnato da rivoluzioni politiche, cambiamenti sociali e fermenti culturali, gli scrittori dell’Ottocento hanno dato voce a nuove sensibilità, ideali e visioni del mondo.

 Il Romanticismo: cuore e patria

All’inizio del secolo, il Romanticismo si afferma come reazione all’Illuminismo e al razionalismo settecentesco. In Italia, questo movimento assume una forte connotazione patriottica e spirituale. Tra i protagonisti:

  • Ugo Foscolo: con opere come I Sepolcri, esprime il conflitto tra ideali classici e tensioni moderne.

  • Alessandro Manzoni: autore de I Promessi Sposi, è il simbolo del romanzo storico italiano, capace di fondere fede, morale e impegno civile.

  • Giacomo Leopardi: poeta del “pessimismo cosmico”, canta la fragilità dell’uomo e la sua lotta contro l’indifferenza della natura.

 La Scapigliatura: ribellione e inquietudine

Dopo l’Unità d’Italia (1861), emerge la Scapigliatura, un movimento anticonformista e provocatorio, che anticipa il decadentismo. Gli scapigliati, come Emilio Praga e Arrigo Boito, rifiutano le convenzioni borghesi e cercano nuove forme espressive, spesso ispirate alla letteratura francese.

 Il Verismo: la realtà senza veli

Negli ultimi decenni del secolo, il Verismo si impone come corrente dominante. I suoi autori descrivono la vita quotidiana, soprattutto delle classi popolari, con uno stile sobrio e oggettivo:

  • Giovanni Verga: con I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo, racconta il destino ineluttabile dei suoi personaggi, immersi in una Sicilia arcaica e crudele.

  • Luigi Capuana: teorico del Verismo, sostiene una narrativa basata sull’osservazione scientifica della realtà.

 Il Decadentismo: arte, sogno e simbolo

Sul finire del secolo, la letteratura si fa più introspettiva e simbolica. Il Decadentismo celebra l’estetica, il sogno e la soggettività:

  • Giosuè Carducci, primo Nobel italiano per la letteratura (1906), fonde classicismo e passione civile.

  • Giovanni Pascoli: con le sue poesie intimiste e simboliste, esplora il dolore, la memoria e la natura.

  • Gabriele D’Annunzio: poeta-vate, incarna l’estetismo e il culto della bellezza, tra sensualità e provocazione.

Conclusione

La letteratura dell’Ottocento italiano è un viaggio tra ideali, rivoluzioni e inquietudini. Dai versi struggenti di Leopardi alle cronache veriste di Verga, ogni autore ha contribuito a costruire un mosaico ricco e sfaccettato, che ancora oggi ci parla con forza e profondità.



venerdì 17 ottobre 2025

Giuseppe Ungaretti

 Giuseppe Ungaretti (1888–1970) Poeta della luce e dell’abisso, Ungaretti è tra i massimi esponenti dell’Ermetismo italiano. Nato ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi, visse tra culture e deserti, tra lingue e silenzi. La sua poesia nasce dalla frattura: guerra, esilio, perdita, ma anche stupore, resurrezione, parola che si fa pietra.

Stile e poetica Ungaretti rivoluziona la forma poetica: versi brevi, essenziali, scolpiti come epigrafi. Ogni parola è scelta con precisione mistica. Il suo stile ermetico non è oscurità, ma concentrazione: la poesia come atto sacro, come luce che filtra nel buio.

Opere principali

  • Allegria di naufragi (1919): nato dalle trincee della Prima Guerra Mondiale, è un canto di sopravvivenza e stupore.

  • Sentimento del tempo (1933): più classico, più meditativo, esplora il tempo come rovina e miracolo.

  • Il dolore (1947): scritto dopo la morte del figlio, è un grido composto, una preghiera spezzata.

Vita e viaggi Visse a Parigi, Roma, Brasile. Fu amico di Apollinaire, Montale, Quasimodo. Insegnò letteratura italiana all’Università di Roma. La sua vita fu segnata da lutti e guerre, ma anche da una ricerca instancabile di bellezza e verità.

Frase emblematica

“Mi illumino d’immenso.” Un verso solo, un universo intero. È la sua firma, il suo dono.

 


Petali

Nel cuore di Lecce, la luna si posa, su pietra che canta la storia nascosa. Una donna cammina, vestita di versi, tra sogni scolpiti e silenzi diversi.

Le mura sussurrano rime segrete, petali danzano in arie discrete. Ogni passo è un’eco di tempo che fu, tra stelle che vegliano il cielo più blu.

Barocco respiro, memoria che vive, in notti che l’anima dolce rivive. E l’ombra si piega al suo passo leggero, come fosse poesia, come fosse mistero.

giovedì 9 ottobre 2025

Fiori Notturni

  Fiori Notturni

Nel lago oscuro, dove il tempo tace, sboccia un giglio, candido di pace. Tra ninfee che dormono in silenzio, sussurra al buio il suo dolce sentenzio.

Petali rosa, dispersi nel vento, come segreti caduti in lento intento. La luna li guarda, madre discreta, e ogni riflesso diventa una meta.

Profuma l’ombra, si piega la sera, il fiore veglia, ma non fa barriera. Accoglie il sogno, la voce sommessa, di chi nel buio la bellezza confessa.

E tu che passi, non fare rumore: i fiori notturni parlano d’amore. Non quello acceso, gridato al mattino, ma quello che vive nel passo divino.



lunedì 29 settembre 2025

Gustavo Adolfo Rol: Il Viaggiatore dell’Invisibile

 Nel cuore del Novecento italiano, tra le eleganti vie di Torino, visse un uomo che sfidò i confini della percezione umana: Gustavo Adolfo Rol (1903–1994), sensitivo, artista, poliglotta e maestro spirituale. La sua figura continua a dividere: per alcuni fu un mistificatore, per altri un ponte vivente tra materia e spirito.

 Un’anima poliedrica

Rol non fu solo un uomo di “possibilità”, come lui stesso definiva i suoi poteri. Laureato in Giurisprudenza, Economia e Biologia medica, fu anche pittore, musicista e antiquario. La sua vita si intrecciò con quella di artisti, scienziati e politici, ma anche con persone comuni, a cui offriva gratuitamente dimostrazioni dei suoi fenomeni: chiaroveggenza, telepatia, bilocazione, diagnosi spirituale, viaggi nel tempo.

 La legge tremenda

Nel 1927, a Parigi, scrisse una frase enigmatica:

“Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura.”

Questa “legge tremenda” univa tre elementi percettivi:

  • Il verde: colore centrale dello spettro visibile, associato al chakra del cuore, ponte tra materia e spirito.

  • La quinta musicale: intervallo armonico (es. Do–Sol) che genera consonanza perfetta, come se l’essere umano fosse uno strumento da accordare.

  • Il calore: effetto fisico che nasce dalla vibrazione spirituale, segnale che il corpo è pronto a ricevere lo spirito.

Rol intuì che questi tre canali—vista, udito, tatto—potevano essere “accordati” per aprire una porta tra i mondi. Ma questa scoperta lo turbò profondamente. Capì che l’uomo, se perfettamente sintonizzato, può modificare la realtà. E questo potere, se mal gestito, può distruggere quanto costruisce.

 Scienza e mistero

Nonostante incontri con scienziati come Einstein e Fermi (mai documentati), Rol rifiutò di sottoporsi a test scientifici. Disse:

“Meglio rimanere ignorato da una Scienza ufficiale che non è in grado, per ora, di comprendermi.”

Questa posizione lo rese bersaglio di critiche, ma anche di profonda ammirazione. I suoi esperimenti con le carte, le diagnosi intuitive e le materializzazioni avvenivano in ambienti intimi, con pochi testimoni, spesso coinvolti attivamente.

 Eredità spirituale

Rol non fondò scuole né scrisse trattati. Disse che il suo compito era “dimostrare che l’uomo è immortale”. La sua eredità vive nei racconti dei testimoni, nei suoi dipinti, e in una domanda che ancora ci interroga: E se la realtà fosse solo una delle infinite possibilità?

 Riflessioni per il lettore

Rol ci lascia una domanda aperta: Siamo davvero solo corpo e mente, o anche vibrazione, frequenza, possibilità?

Nel verde, nella musica, nel calore del cuore, forse c’è una chiave. Non per fare miracoli, ma per vivere con più consapevolezza. Per sentire che ogni gesto, ogni pensiero, ogni nota… vibra.

E tu, lettore, hai mai percepito un’armonia invisibile tra ciò che vedi, senti e provi? Hai mai avuto la sensazione che la realtà si piegasse, anche solo per un istante, al tuo stato interiore?

Gustavo Rol



domenica 28 settembre 2025

Louis Pasteur: il visionario che rese la scienza umana


“La fortuna favorisce solo le menti preparate.”Louis Pasteur

🔬 L’uomo che guardava oltre il microscopio

Louis Pasteur (1822–1895) non fu solo uno scienziato: fu un rivoluzionario della medicina, un pioniere della microbiologia e un instancabile difensore della vita. Le sue scoperte hanno salvato milioni di persone, trasformando il modo in cui il mondo comprende le malattie, la prevenzione e la responsabilità scientifica.

 Dalle origini alla scoperta

  • Nato a Dole, in Francia, Pasteur si laureò in chimica e fisica alla prestigiosa École Normale Supérieure.

  • Iniziò studiando la struttura dei cristalli, ma presto si dedicò alla fermentazione, dimostrando che era causata da microrganismi e non da processi spontanei.

  • Questa intuizione pose fine alla teoria della generazione spontanea e diede vita alla microbiologia moderna.

 La pastorizzazione: una rivoluzione quotidiana

  • Pasteur inventò il processo di pastorizzazione, che consiste nel riscaldare i liquidi per eliminare i batteri nocivi.

  • Questo metodo, ancora oggi utilizzato per latte, vino e succhi, ha reso sicuri milioni di alimenti e bevande.

  • La sua applicazione fu immediata e globale, migliorando la salute pubblica in modo silenzioso ma profondo.

💉 Il vaccino contro la rabbia: un atto di coraggio

  • Nel 1885, Pasteur salvò il piccolo Joseph Meister, morso da un cane rabbioso, somministrandogli un vaccino sperimentale.

  • Il successo fu clamoroso: la rabbia, fino ad allora incurabile, poteva essere prevenuta.

  • Da quel momento, Pasteur divenne un simbolo di speranza e progresso.

 Riflessioni finali: il valore della scienza umana

Louis Pasteur ci lascia un’eredità che va oltre la medicina. Ci insegna che la scienza non è solo calcolo e laboratorio, ma anche etica, coraggio e visione. In un mondo dove la disinformazione corre veloce e la fiducia vacilla, il suo esempio ci ricorda che il sapere deve essere al servizio della vita.

Pasteur non era un medico, ma salvò vite. Non cercava applausi, ma soluzioni. La sua forza era nella preparazione, nella dedizione, nella capacità di vedere ciò che altri ignoravano. Per chi,  lavora per costruire sistemi collettivi, diffondere conoscenza e proteggere la comunità — che sia attraverso la medicina, la comunicazione o la progettazione — Pasteur è un modello di integrità e visione.

La sua storia ci invita a credere nella scienza, a difendere la verità, e a non smettere mai di cercare. Perché ogni vita salvata, ogni malattia prevenuta, ogni gesto di cura, è il frutto di menti preparate e cuori coraggiosi.

Louis Pasteur


Georges Clemenceau: la Tigre della Repubblic

“La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai militari.”Georges Clemenceau

🐅 Un uomo, una lotta, una visione

Georges Clemenceau (1841–1929) fu molto più di un politico: fu medico, giornalista, oratore, e soprattutto un combattente instancabile per la giustizia e la libertà. Soprannominato “la Tigre” per la sua ferocia dialettica e la sua determinazione, incarnò la forza della Repubblica francese nei suoi momenti più critici.

📚 Dalla medicina alla politica

  • Laureato in medicina, visse negli Stati Uniti e ne assimilò lo spirito democratico.

  • Tornato in Francia, divenne sindaco di Montmartre e poi deputato, opponendosi al trattato di pace con la Prussia.

  • La sua carriera fu segnata da un profondo impegno anticlericale e repubblicano.

✒️ Giornalismo e battaglie civili

  • Fondò il quotidiano La Justice, usando la stampa come arma politica.

  • Difese Alfred Dreyfus contro l’antisemitismo dilagante, diventando simbolo di integrità morale.

  • La sua penna era affilata quanto la sua oratoria: diretta, tagliente, intransigente.

⚔️ Primo Ministro e architetto della vittoria

  • Primo Ministro dal 1906 al 1909 e poi dal 1917 al 1920, in piena Prima Guerra Mondiale.

  • Rafforzò la resistenza francese e sostenne la nomina di Foch a comandante supremo degli Alleati.

  • Fu protagonista della Conferenza di pace di Parigi e del Trattato di Versailles.

🧠 Riflessioni contemporanee

Clemenceau ci insegna che il vero statista non cerca il consenso facile, ma la coerenza con i propri valori. In tempi di crisi, serve lucidità, fermezza e visione. Per chi lavora oggi nella comunicazione, nella politica o nella costruzione di sistemi collettivi, la sua figura è un faro: si può essere rigorosi e visionari, combattivi e costruttivi, senza mai perdere il senso del dovere.

Georges Clemenceau 


venerdì 26 settembre 2025

Edgar Valmont: l’eco di un’ombra ottocentesca

 Ci sono nomi che non appartengono interamente né alla Storia né alla pura invenzione. Tra i sussurri della Parigi ottocentesca, in un confine sospeso tra realtà e mito, emerge la figura di Edgar Valmont, un poeta che molti considerano una leggenda della bohème decadente. Forse esistito, forse frutto di racconti tramandati e mai verificati, Valmont è oggi un enigma: un volto che appare e scompare tra manoscritti perduti, testimonianze frammentarie e il fascino oscuro dei poètes maudits. Parlare di lui significa avventurarsi in una zona grigia, dove la verità si intreccia alla suggestione e la letteratura diventa leggenda.
Un’eco nella Parigi dei maledetti
Si dice che Edgar Valmont fosse nato a Marsiglia nel 1837, figlio di un mercante di seta. Alcuni resoconti lo descrivono come un giovane inquieto, incapace di accettare il destino borghese che la famiglia gli aveva assegnato. Attirato dalla vita errante, avrebbe trovato rifugio nei caffè fumosi di Parigi, dove la bohème artistica bruciava le notti tra assenzio, discussioni filosofiche e versi proibiti.
Ma le fonti sono scarse, spesso contraddittorie. Alcuni lo vogliono compagno di bevute di un giovane Verlaine, altri sostengono che non abbia mai lasciato Marsiglia, limitandosi a spedire lettere intrise di poesia e follia.
Poesie bruciate e quaderni perduti
Il mito narra di una raccolta, Les Nuits de Cendre (Le Notti di Cenere), stampata in pochissime copie nel 1862 e subito sequestrata per oscenità. Di quell’opera resterebbero solo pochi frammenti, custoditi da collezionisti privati, in cui l’amore si confonde con la bestemmia, la bellezza con il degrado, anticipando i temi dei simbolisti e dei decadenti.
Che questi versi siano davvero suoi, nessuno può dirlo con certezza: i documenti che li attesterebbero sono sempre “scomparsi” o difficili da verificare.
Vita e morte di un fantasma
Valmont sarebbe morto nel 1871, in una pensione vicino a Montmartre, consumato dalla malattia e dalla solitudine. Ma anche la sua fine è avvolta nel dubbio. Alcuni racconti parlano di una giovane pittrice che avrebbe realizzato un unico ritratto del poeta, oggi considerato una reliquia; altri sostengono che quel volto appartenga a un altro uomo, e che il nome “Edgar Valmont” sia solo lo pseudonimo collettivo di più autori anonimi.
L’eredità di un enigma
Che Edgar Valmont sia stato un uomo in carne e ossa o solo un mito letterario, la sua leggenda continua a vibrare tra chi ama le storie ai margini della Storia. Le poesie che gli vengono attribuite—vere o apocrife—raccontano una sensibilità fuori dal tempo: visioni oniriche, un linguaggio tagliente, una sensualità che inquieta e seduce.
In fondo, forse è proprio questo il cuore della sua grandezza: non importa se Valmont sia esistito davvero, perché la sua ombra ci ricorda che la poesia vive anche quando il poeta è solo un sussurro nella memoria collettiva.
💡 Curiosità e frammenti perduti
Di Les Nuits de Cendre

Presunti versi attribuiti a Valmont compaiono di tanto in tanto in vecchi cataloghi d’asta, ma le autenticazioni sono sempre controverse.
Alcune lettere anonime, custodite in archivi di Marsiglia e Parigi, riportano frasi che potrebbero appartenere al poeta, ma nessuna prova definitiva è mai emersa.
Forse è proprio questa assenza a costituire l’opera più grande di Valmont: un silenzio che invita chi ama la poesia a immaginare ciò che non può essere letto, Non esiste un'edizione certa, alcune parlano di poche copie private conservate in collezioni inaccessibili.


Presunto ritratto di Edgar Valmont (Parigi, ca. 1865). L’autenticità dell’opera è incerta, ma lo sguardo inquieto continua a nutrire il mito del poeta maledetto che forse non è mai esistito.

Charlie Chaplin: Il Genio Silenzioso che Ha Fatto Parlare il Mondo

In un’epoca in cui il cinema era muto, Charlie Chaplin riuscì a dire tutto. Con un cappello a bombetta, un bastone di bambù e un paio di scarpe troppo grandi, ha trasformato il silenzio in poesia, la comicità in critica sociale, e il gesto in linguaggio universale.

🌟 L’Uomo Dietro il Vagabondo

Nato a Londra nel 1889, Chaplin visse un’infanzia segnata dalla povertà e dall’instabilità familiare. Ma fu proprio questa esperienza a forgiare il suo sguardo sul mondo: empatico, ironico, profondamente umano. Il suo personaggio più celebre, il Vagabondo (“The Tramp”), incarna la dignità dei dimenticati, la resilienza dei fragili, e la capacità di sorridere anche quando tutto sembra perduto.

🎬 Un Cinema che Parla Senza Parole

Chaplin non fu solo attore: fu regista, sceneggiatore, compositore e produttore. Film come Il monello (1921), Tempi moderni (1936) e Il grande dittatore (1940) sono capolavori che mescolano comicità e denuncia sociale. In Tempi moderni, Chaplin critica l’alienazione dell’uomo nella società industriale, anticipando temi ancora attuali. In Il grande dittatore, rompe il silenzio per pronunciare uno dei discorsi più potenti della storia del cinema, un appello alla pace e alla fratellanza in piena epoca nazista.

🎭 L’Arte di Far Ridere e Pensare

Chaplin ha dimostrato che la comicità non è evasione, ma uno specchio che riflette le contraddizioni del nostro tempo. Il suo umorismo è tenero, mai crudele. Le sue gag sono coreografie di intelligenza e cuore. Ogni caduta, ogni sguardo, ogni passo incerto del Vagabondo è un atto di resistenza poetica.

🌍 Un’Eredità Universale

Ancora oggi, Chaplin parla a tutti. Il suo cinema attraversa lingue, culture e generazioni. È un invito a guardare il mondo con occhi più gentili, a non perdere la capacità di ridere, e a credere che anche il più piccolo tra noi può cambiare qualcosa.

“Un giorno senza sorriso è un giorno perso.” — Charlie Chaplin


 

martedì 23 settembre 2025

✨ Victor Hugo: L’utilità dell’essere umano e la forza della parola

 Nel cuore della letteratura francese, Victor Hugo è una figura che ha saputo coniugare la potenza dell’immaginazione con l’impegno sociale. Poeta, romanziere, drammaturgo e pensatore, ha lasciato un’eredità che continua a ispirare chi cerca bellezza, giustizia e verità.

Una delle sue citazioni più toccanti recita:

"Essere utile è un dovere. Essere indispensabile è una presunzione." — Victor Hugo

Questa riflessione ci invita a riconsiderare il nostro ruolo nel mondo: non come protagonisti assoluti, ma come presenze significative, capaci di contribuire senza dominare. In un’epoca in cui l’individualismo spesso prevale, Hugo ci ricorda che la vera forza sta nell’essere parte di qualcosa più grande, nel servire con umiltà e nel trovare valore anche nei momenti di oscurità.

🖋️ Hugo e il potere della resilienza

Nei suoi romanzi, come I Miserabili, Hugo ha dipinto personaggi che, pur attraversando abissi di dolore e ingiustizia, trovano nella propria utilità — nel bene che riescono a fare — la forza per resistere. Jean Valjean, ad esempio, non è indispensabile per il mondo, ma è essenziale per Cosette, per chi lo incontra, per chi riceve il suo aiuto. E questo basta.

📚 Perché parlarne oggi?

In un mondo che corre, che premia la visibilità e l’efficienza, Hugo ci invita a rallentare e a riflettere. Essere utili non significa essere perfetti. Significa esserci, fare la propria parte, lasciare una traccia gentile. E nei momenti bui, questa consapevolezza può diventare la nostra ancora.

Victor Hugo: voce del Romanticismo e della coscienza sociale

Victor Hugo nacque il 26 febbraio 1802 a Besançon, in Francia. Considerato uno dei massimi esponenti del Romanticismo europeo, fu poeta, romanziere, drammaturgo e attivista politico. La sua opera abbraccia temi universali come la giustizia, la libertà, l’amore e la redenzione.

Fin da giovane mostrò una vocazione letteraria profonda, scrivendo: “Voglio essere Chateaubriand o niente.” Nel 1831 pubblicò Notre-Dame de Paris, un romanzo storico che rese immortale la figura di Quasimodo. Ma fu con I Miserabili (1862) che Hugo raggiunse il vertice della sua fama, raccontando con intensità la lotta tra il bene e il male, la povertà e la dignità umana.

Oltre alla letteratura, Hugo fu attivo in politica: deputato, senatore e fervente repubblicano, si oppose al regime di Napoleone III e visse in esilio per quasi vent’anni. Durante questo periodo scrisse alcune delle sue opere più profonde, come Le Contemplazioni e La Leggenda dei secoli.

Morì il 22 maggio 1885 a Parigi, e fu sepolto nel Pantheon, come tributo nazionale. Il suo funerale fu seguito da milioni di persone: un poeta diventato coscienza del suo tempo.

💬 Citazioni immortali di Victor Hugo

  • “La suprema felicità della vita è essere amati per quello che si è, o meglio, essere amati a dispetto di quello che si è.”I Miserabili

  • “Non c’è nulla di più potente di un’idea il cui tempo è giunto.”Discorsi politici

  • “Il riso è il sole che scaccia l’inverno dal volto umano.”I Miserabili

  • “La vita è il fiore per il quale l’amore è il miele.”Il re si diverte

  • “Spesso ci sono più cose naufragate in fondo a un’anima che in fondo al mare.”Oceano

  • “L’alba ha una sua misteriosa grandezza che si compone d’un residuo di sogno e d’un principio di pensiero.”I lavoratori del mare

  • “L’amore è come un albero: germina da sé, getta profondamente le sue radici in tutta la nostra vita, e continua spesso a verdeggiare sopra un cuore in rovina.”Notre-Dame de Paris

  • “Credete, per essere forti. Amate, per essere felici.”Oceano

lunedì 22 settembre 2025

I Fratelli De Filippo: una famiglia che ha fatto storia

Nel cuore pulsante di Napoli, tra vicoli brulicanti e palcoscenici improvvisati, nacque una delle dinastie artistiche più straordinarie del Novecento: Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. Figli naturali del celebre commediografo Eduardo Scarpetta e della sarta teatrale Luisa De Filippo, crebbero immersi nel mondo del teatro, respirando battute e sipari fin dalla culla.

Nonostante le difficoltà legate alla loro condizione di figli non riconosciuti, i tre fratelli seppero trasformare la marginalità in forza creativa. Nel 1931 fondarono la Compagnia Umoristica I De Filippo, portando in scena testi originali e reinterpretazioni della tradizione partenopea. Il loro stile mescolava comicità, malinconia e critica sociale, conquistando il pubblico con una lingua viva e autentica.

  • Titina De Filippo, la primogenita, fu una delle prime grandi attrici del teatro italiano. Dotata di una sensibilità rara, seppe dare voce alle donne del popolo con dignità e profondità. Fu musa e interprete di molte opere del fratello Eduardo.

  • Eduardo De Filippo, il più noto, fu drammaturgo, regista, attore e poeta. Le sue commedie — Filumena Marturano, Natale in casa Cupiello, Questi fantasmi! — sono capolavori che raccontano l’anima del Sud, le contraddizioni della famiglia, la lotta per la dignità. Nel 1981 fu nominato senatore a vita per meriti artistici.

  • Peppino De Filippo, il più giovane, si distinse per la sua verve comica e il talento cinematografico. Dopo la rottura con Eduardo, intraprese una carriera autonoma, diventando volto amatissimo accanto a Totò in film memorabili.

La loro unione artistica durò poco, ma il loro impatto fu eterno. Ognuno seguì la propria strada, lasciando un’impronta indelebile nel teatro, nel cinema e nella cultura italiana. La loro eredità vive ancora oggi nei testi, nelle interpretazioni, nei ricordi di generazioni che hanno riso e pianto con loro.



Il canto del mare

Il canto del mare

Sul filo d’oro del giorno che muore, il mare sussurra parole d’amore. Le onde si vestono di luce dorata, come una danza dolce e incantata.

Il vento racconta segreti lontani, tra conchiglie sparse e sogni umani. Ogni riflesso è un pensiero che vola, ogni risacca una voce che consola.

Cammino da sola, ma il cuore è pieno, di storie salate e silenzio sereno. Il cielo si tinge di viola e arancio,  il tempo si ferma, sospeso nel gancio.

Il mare mi parla, mi invita a restare, a perdermi dentro il suo lento respirare. E mentre la notte si stende leggera, io divento onda, io divento chimera.



Il pane dell’amore

 👵 Poema: Il pane dell’amore

Nel cuore di casa, tra spezie e farina, la nonna impasta con mano divina. La bimba osserva con occhi stupiti, tra gesti antichi e profumi divini

Il sole filtra da tende leggere, scaldando il tempo e le cose sincere. Un cucchiaio di legno, un sorriso stupito tra le due nasce un legame infinito.

La nonna racconta con voce pacata di giorni lontani e vita passata. La bimba sorride, il mondo si ferma, in quella cucina che tutto conferma.

Il pane si gonfia, la storia si cuce, tra mani che insegnano e  un cuore che è luce e in ogni briciola, dolce e fragrante, c’è l’amore che resta, eterno e costante.



Giuseppe Rovani: il ribelle romantico dimenticato

 

Nato a Milano nel 1818, Giuseppe Rovani fu scrittore, critico e poeta, ma il suo nome è spesso trascurato nei manuali scolastici. Eppure, la sua opera riflette con forza le tensioni culturali e politiche dell’Italia preunitaria, con uno stile che anticipa il realismo e sfida le convenzioni romantiche.

📚 Un poeta controcorrente

  • Rovani si oppose al sentimentalismo e all’enfasi retorica del romanticismo dominante, proponendo una scrittura più diretta e aderente alla realtà.

  • Fu autore del romanzo storico Cento Anni, un affresco della società milanese tra il Settecento e l’Ottocento, ma anche di poesie e saggi che rivelano una mente acuta e provocatoria.

  • La sua poesia, sebbene meno conosciuta, è caratterizzata da un tono ironico, disilluso e profondamente moderno.

🌆 Milano come musa

Rovani amava e criticava la sua città, Milano, che descriveva con affetto e sarcasmo. Nei suoi versi si respira l’atmosfera dei caffè letterari, delle tensioni politiche e delle inquietudini borghesi. La sua voce è quella di un osservatore lucido, che non si lascia sedurre dalle mode ma cerca la verità dietro le apparenze.

🕯️ Perché riscoprirlo oggi

  • La sua scrittura anticipa il verismo e offre uno sguardo originale sull’Italia dell’Ottocento.

  • È un esempio di come la letteratura possa essere strumento di critica sociale e non solo di evasione.

  • Rovani ci ricorda che anche le voci minori possono illuminare angoli nascosti della storia e della sensibilità umana.

Giuseppe Rovani non è noto principalmente per la sua produzione poetica, ma piuttosto per i suoi romanzi e scritti critici. Tuttavia, una delle sue rare prove in versi è la tragedia lirica “Don Garzia”, ispirata all’omonima tragedia alfieriana e musicata da Antonio Costamagna. Questo lavoro, rappresentato nel 1839 al Teatro Carlo Felice di Genova, è una testimonianza della sua passione per il melodramma e della sua capacità di fondere poesia e teatro.

Ecco un breve estratto attribuito a Rovani, tratto da un suo testo drammatico:

“Oh patria! nome dolce e terribile, che il cuore accende e l’anima strazia, tu sei l’amore che non muore mai.”

Questi versi riflettono il suo spirito patriottico e il tono intenso che caratterizza la sua scrittura.

🖋️ Antonin Artaud: Il Soutine della poesia

 

Come Soutine, Artaud fu un artista inquieto, visionario e profondamente tormentato. Nato nel 1896 a Marsiglia, Artaud fu poeta, drammaturgo, attore e teorico del teatro. La sua vita fu segnata da malattie mentali, internamenti in manicomio e una continua lotta contro il linguaggio convenzionale.

✨ Affinità con Soutine

  • Espressione viscerale: Artaud scriveva con la stessa furia con cui Soutine dipingeva. Le sue parole sembrano urlare, contorcersi, cercare di uscire dalla pelle del linguaggio.

  • Ribellione contro la forma: Come Soutine deformava la figura umana, Artaud cercava di distruggere la sintassi, la logica, persino il significato, per arrivare a una verità più profonda.

  • Dolore come musa: Entrambi trasformarono il dolore personale in arte. Artaud scriveva della follia, della carne, della morte, con un’intensità che brucia sulla pagina.

📚 Un esempio potente

Nel suo celebre testo Van Gogh, il suicidato della società, Artaud difende il pittore olandese (altro spirito affine a Soutine) e denuncia la società che reprime la genialità e la sensibilità. È un manifesto contro la normalità, contro la mediocrità, contro l’ordine.

“Il vero teatro, come la vera pittura, non è fatto per addormentare, ma per svegliare demoni.”



 

🎨 Chaïm Soutine: Il Pittore dell’Inquietudine


Nel cuore del XX secolo, tra le ombre di Parigi e i colori vibranti della tela, si muoveva un artista tormentato e geniale: Chaïm Soutine. Nato nel 1893 a Smiloviči, un piccolo villaggio dell’attuale Bielorussia, Soutine portava con sé le cicatrici di un’infanzia difficile, vissuta in una famiglia ebraica povera e numerosa. Queste ferite interiori avrebbero alimentato per tutta la vita la sua arte viscerale e drammatica.

✨ Dalla Bielorussia a Montparnasse

Dopo gli studi artistici a Minsk e Vilnius, Soutine si trasferì a Parigi nel 1913, dove entrò in contatto con figure come Modigliani, Chagall e Léger. Fu proprio Modigliani a ritrarlo e a diventare suo grande amico. In quegli anni, Soutine viveva in condizioni precarie, ma la sua pittura cominciava a farsi notare per l’intensità emotiva e la deformazione espressionista della realtà.

🖌️ Uno stile unico e ribelle

Soutine non aderì mai a nessuna corrente artistica ufficiale. Il suo stile, però, è spesso associato all’espressionismo, per l’uso impetuoso del colore e la rappresentazione distorta e lirica della realtà. I suoi soggetti preferiti? Nature morte, ritratti, paesaggi, e soprattutto figure umane colte in momenti di tensione psicologica: pasticcieri, valletti, chierichetti, scolari.

Le sue tele sembrano urlare, vibrare, contorcersi. I paesaggi si sfaldano, le figure si torcono. È come se ogni pennellata fosse un grido interiore.

🧠 Arte come ossessione

Soutine era ossessionato dalla forma e dal colore. In preda a crisi depressive, arrivò persino a distruggere molte delle sue opere. Celebre è l’episodio in cui, per dipingere animali morti, tenne carcasse nel suo studio, provocando l’intervento della polizia. Per lui, l’arte era più importante dell’igiene, della convenzione, persino della sopravvivenza.

🕊️ L’ultimo viaggio

Durante la Seconda Guerra Mondiale, in quanto ebreo, fu costretto a nascondersi per sfuggire alla Gestapo. Malato di ulcera, tornò a Parigi per un’operazione chirurgica che non riuscì a salvarlo. Morì nel 1943, a soli 50 anni, e fu sepolto nel cimitero di Montparnasse.

📚 Eredità e influenza

Soutine ha influenzato profondamente artisti come Francis Bacon, Willem de Kooning e i pittori del gruppo CO.BR.A.. La sua visione tragica e intensa della pittura continua a emozionare e a ispirare. Le sue opere sono oggi esposte nei più grandi musei del mondo e battute all’asta per cifre da capogiro

 Chaïm Soutine ( Attribution-ShareAlike 4.0 International)








Vue de Céret
soutine paysage




 

domenica 21 settembre 2025

🌲 La lanterna del silenzio 🕯️

Nel bosco che dorme tra sogni e misteri, cammina una donna dai passi leggeri. Con mantello di fuoco e lanterna dorata, illumina il tempo, la notte incantata.

I suoi occhi raccontano storie perdute, di lune che piangono stelle cadute. Tra rami sospesi e fuochi fatati, sussurra ai ricordi mai più ritrovati.

La nebbia la segue, discreta e fedele, mentre il cielo si apre in danze di vele. E chi la contempla, nel cuore profondo, scopre che il sogno è più vero del mondo.



Foglie e Misteri

 Nel bosco fitto, tra foglie e misteri, danzano leggere le piccole feri (1). Con ali di luce e capelli turchini, sussurrano sogni ai cuori bambini.

Un batuffolo d’oro, curioso e gentile, osserva il magico mondo sottile. Il gattino sorride, tra fate e farfalle, mentre il tempo si culla in dolci novelle.

Tra rami e rugiada, la notte si posa e ogni creatura diventa una cosa che vive soltanto in quel verde incantato, dove il reale è dolce e il sogno è fatato.


1(In francese, féerie deriva da fée (“fata”) e si usa per descrivere spettacoli o ambientazioni fiabesche)



sabato 20 settembre 2025

Vincenzo Gioberti: il filosofo del primato morale italiano

 “I maggiori nemici della libertà non sono quelli che la opprimono, ma quelli che la infangano.” — Vincenzo Gioberti

Nel cuore del Risorgimento italiano, tra le voci che cercavano di dare forma a un’Italia unita e consapevole, quella di Vincenzo Gioberti risuona con forza e profondità. Sacerdote, filosofo e patriota, Gioberti non fu solo un pensatore, ma un visionario che cercò di coniugare fede, cultura e politica in un progetto di rinascita nazionale.

📜 Un pensiero che unisce cielo e terra

Nato a Torino nel 1801, Gioberti si formò tra gli oratoriani e si laureò in teologia, ma presto la sua vocazione si allargò alla filosofia e all’impegno civile. La sua opera più celebre, Del primato morale e civile degli italiani (1843), proponeva un’idea audace: l’Italia doveva ritrovare la sua grandezza non solo attraverso l’indipendenza politica, ma anche attraverso la supremazia etica e culturale. Secondo Gioberti, il Papa avrebbe dovuto guidare una federazione di Stati italiani, unendo spiritualità e governo: nasce così il neoguelfismo, un progetto che cercava di armonizzare religione e libertà.

✒️ Filosofia e patriottismo

Durante il suo esilio a Bruxelles e Parigi, Gioberti affinò il suo pensiero, prendendo le distanze da Mazzini e dal repubblicanesimo radicale. La sua visione era più moderata, ma non meno appassionata: credeva in una Italia libera, ma guidata dalla sua tradizione cristiana e dalla sua vocazione culturale.

Nel 1848, tornato in patria, fu eletto deputato e divenne Presidente della Camera e poi Primo Ministro del Regno di Sardegna. Il suo governo fu breve, ma segnò un momento cruciale nella storia del Risorgimento.

🌿 Attualità del suo messaggio

Oggi, il pensiero di Gioberti ci parla ancora. In un’epoca in cui l’identità culturale è spesso frammentata, la sua idea di “primato morale” ci invita a riscoprire il valore della coscienza, della bellezza e della responsabilità civile. La sua frase — “i maggiori nemici della libertà non sono quelli che la opprimono, ma quelli che la infangano” — è un monito potente: la libertà non è solo da difendere, ma da onorare.

Ritratto di Vincenzo Gioberti, 1847 - Accademia delle Scienze di Torino -


Visioni dall’alto: la bellezza secondo Niccolò Tommaseo

 Visioni dall’alto: la bellezza secondo Niccolò Tommaseo

«Le più ovvie e costanti bellezze della terra e del cielo, le più consuete dimostrazioni dell'umano affetto guardatele come visioni e voci dall'alto; e sarete continuamente  ispirati.» — Niccolò Tommaseo, Pensieri morali

In un mondo che corre veloce, dove la meraviglia rischia di essere soffocata dalla routine, Niccolò Tommaseo ci invita a fermarci. A guardare. A sentire. E soprattutto, a riconoscere il divino nell’ordinario.

Questa frase, tratta dai suoi Pensieri morali, è molto più di un aforisma: è un manifesto spirituale. Tommaseo, linguista e patriota del Risorgimento, non era solo un uomo di lettere, ma un pensatore che cercava il senso profondo delle cose. Per lui, la bellezza non era un lusso, ma una necessità dell’anima.

🌿 La bellezza come rivelazione

Tommaseo ci esorta a vedere le “ovvie e costanti bellezze” — il cielo, la terra, l’affetto umano — non come semplici elementi del quotidiano, ma come “visioni e voci dall’alto”. In altre parole, come messaggi spirituali, epifanie che ci parlano di qualcosa di più grande.

Questa prospettiva ci ricorda che l’ispirazione non è un fulmine che colpisce all’improvviso, ma un flusso continuo che nasce dalla nostra capacità di osservare con occhi nuovi ciò che ci circonda.

✨ Un invito alla contemplazione

Nel suo tempo, Tommaseo fu un uomo diviso tra fede e passione, tra rigore morale e tensione erotica. Il suo romanzo Fede e bellezza esplora proprio questo dualismo. Ma in questa citazione, la sintesi è perfetta: la bellezza è fede, e la fede è bellezza.

Guardare il mondo come se fosse “dall’alto” significa elevarsi, anche solo per un istante, sopra le preoccupazioni quotidiane. Significa riconoscere che ogni gesto d’amore, ogni tramonto, ogni parola gentile è parte di un disegno più ampio.

🖋️ Perché ci parla ancora oggi

In un’epoca iperconnessa, dove tutto è visibile ma poco è davvero visto, Tommaseo ci ricorda il valore della contemplazione. Il suo messaggio è attuale: per essere ispirati, dobbiamo imparare a vedere — non solo con gli occhi, ma con il cuore.

Che tu sia un artista, un insegnante, un genitore o semplicemente un viaggiatore della vita, questa frase può diventare un mantra quotidiano. Un invito a cercare il sublime nel semplice.

Niccolò Tommaseo


giovedì 18 settembre 2025

Mario Rapisardi – Il Vate Etneo tra poesia, ribellione e pensiero libero

Mario Rapisardi (1844–1912), nato e morto a Catania, è stato uno dei poeti più audaci e anticonformisti dell’Italia post-unitaria. Autore prolifico, traduttore raffinato e pensatore ribelle, si definiva “estraneo a qualunque scuola, sdegnoso di sistemi e di pregiudizi”. La sua vita e la sua opera incarnano il conflitto tra idealismo e razionalismo, tra spiritualità e scienza, tra arte e impegno civile.

✍️ Un poeta fuori dagli schemi

Rapisardi rifiutò cariche politiche, onorificenze e sodalizi accademici. Preferì vivere da intellettuale indipendente, fedele solo alla propria coscienza. La sua poesia è intrisa di tensione morale, critica sociale e slanci filosofici. Esordì giovanissimo con l’Ode a Sant’Agata (1859), in cui invocava la libertà della patria sotto il regime borbonico.

📚 Le opere principali

  • La Palingenesi (1868): un poema che auspica il rinnovamento spirituale dell’umanità, con forti accenti anticlericali. Victor Hugo lo definì “un precursore”.

  • Lucifero (1877): il suo capolavoro razionalista, in cui esalta la ribellione contro il dogma e celebra la luce della ragione. L’opera fu talmente controversa che l’arcivescovo di Catania ne ordinò la distruzione.

  • Giobbe (1884): un poema lirico e doloroso, dove il poeta riflette sul male e sulla sofferenza umana, con toni leopardiani.

  • Atlantide (1894): satira pungente contro i letterati del tempo, con riferimenti a Darwin, Marx e Newton.

🧠 Pensiero e stile

Rapisardi fu influenzato da Leopardi, Alfieri, Foscolo, ma anche da Darwin e dal positivismo. La sua poesia mescola lirismo e polemica, spiritualità e scienza, con uno stile libero e potente. Tradusse Lucrezio, Catullo, Orazio e Shelley, dimostrando una profonda padronanza del latino e dell’inglese.

💔 Vita privata e controversie

La sua vita fu segnata da passioni e conflitti: un matrimonio infelice, una relazione con la contessa Lara, e una lunga polemica con Giovanni Verga e Giosuè Carducci. Fu accusato di essere “irreligioso” e “massone”, e la sua salma rimase insepolta per quasi dieci anni a causa del veto ecclesiastico.

🕊️ Eredità

Rapisardi è stato a lungo dimenticato, oscurato dal fascismo e dalla critica idealista. Ma oggi la sua voce torna a risuonare: quella di un poeta che ha sfidato il potere, difeso la libertà e cantato l’uomo nella sua grandezza e nel suo dolore.

“Amate la verità più della gloria, più della pace, più della vita. Fate di essa la vostra spada e il vostro scudo.” – Mario Rapisardi


 

George Bernard Shaw – Il drammaturgo che sfidò il pensiero comune

 George Bernard Shaw (1856–1950) è stato uno degli intellettuali più influenti del Novecento. Nato a Dublino, in Irlanda, da una famiglia protestante in difficoltà economiche, Shaw si trasferì a Londra in giovane età, dove iniziò la sua carriera come critico musicale e letterario.

La sua adesione alla Fabian Society, un movimento socialista riformista, influenzò profondamente la sua visione del mondo e la sua produzione teatrale. Shaw non concepiva il teatro come semplice intrattenimento: per lui doveva essere “una fucina di pensieri, una guida della coscienza, un commento della condotta sociale”.

Tra le sue opere più celebri:

  • La professione della signora Warren (1894), che affronta il tema della prostituzione e dell’ipocrisia borghese.

  • Uomo e superuomo (1903), una riflessione filosofica sull’evoluzione umana.

  • Pigmalione (1914), da cui è tratto il celebre musical My Fair Lady, incentrato su linguaggio, classe sociale ed emancipazione femminile.

  • Santa Giovanna (1923), il suo capolavoro, dedicato alla figura di Giovanna d’Arco.

Nel 1925 ricevette il Premio Nobel per la Letteratura “per la sua opera carica di idealismo ed umanità”. Nel 1939 vinse anche l’Oscar per la sceneggiatura di Pigmalione, diventando l’unico autore ad aver ricevuto entrambi i riconoscimenti.

Shaw fu un pensatore provocatorio, vegetariano convinto, antivivisezionista e critico della religione organizzata. La sua ironia tagliente e il suo impegno sociale lo rendono ancora oggi attuale e stimolante.

🎬 Estratto da Pigmalione (1914)

Higgins: “You see this creature with her kerbstone English: the English that will keep her in the gutter to the end of her days. Well, sir, in three months I could pass that girl off as a duchess at an ambassador’s garden party.”

Pickering: “I’ll bet you all the expenses of the experiment you can’t do it. And I’ll pay for the lessons.”

traduzione 

(Higgins: «Vede questa creatura con il suo inglese da marciapiede: un inglese che la terrà nella miseria per tutta la vita. Bene, signore, in tre mesi potrei far passare questa ragazza per una duchessa a una festa in giardino di un ambasciatore.»

Pickering: «Scommetto tutte le spese dell’esperimento che non ci riuscirà. E pagherò io le lezioni.») 

Questo scambio tra il professor Higgins e il colonnello Pickering dà il via alla trasformazione della giovane Eliza Doolittle, una fioraia dal linguaggio rozzo, in una signora raffinata. Ma Shaw non si limita a raccontare una metamorfosi esteriore: Pigmalione è una critica pungente alle barriere sociali, al potere del linguaggio e all’identità personale.

Autochrome of George Bernard Shaw in 1907 (Alvin Langdon Coburn),





Ada Negri, voce del popolo e dell’anima

 


🌹 Poesia: Senza nome (da Fatalità, 1892)

«Io non ho nome. – Io son la rozza figlia
Dell’umida stamberga;
Plebe triste e dannata è mia famiglia,
Ma un’indomita fiamma in me s’alberga.»

Questi versi aprono la raccolta Fatalità, e incarnano la voce potente e ribelle di Ada Negri, poetessa del popolo e della dignità femminile.


🖋️ Nota critica

Ada Negri è stata una delle voci più originali della poesia italiana tra Otto e Novecento. Nata in una famiglia umile, la sua scrittura è intrisa di tensione sociale, introspezione e passione civile. Fatalità (1892) la consacrò come “la poetessa del Quarto Stato”, per la sua capacità di dare voce agli ultimi, alle donne, agli emarginati.

Nel tempo, la sua poetica si è evoluta: da una lirica sociale e combattiva a una più intimista e spirituale, come in Maternità (1904) e Dal Profondo (1910). La sua adesione al regime fascista negli anni ’30 ha suscitato controversie, ma non offusca la forza letteraria delle sue opere. La sua candidatura al Nobel e l’ingresso nella Reale Accademia d’Italia testimoniano il riconoscimento ufficiale del suo valore.


✍️ Ada Negri, voce del popolo e dell’anima

Ada Negri non è solo una poetessa: è un simbolo. Nata a Lodi nel 1870, cresciuta tra sacrifici e sogni, ha trasformato la sua esperienza personale in arte universale. Con Fatalità, ha scosso l’Italia letteraria, portando in versi la condizione operaia, la lotta femminile, la dignità della povertà.

Ma Ada non si è fermata alla denuncia sociale. Nei suoi scritti successivi, ha scavato nell’animo umano, esplorando la maternità, l’amore, la solitudine. Le solitarie (1917) e Stella mattutina (1921) sono testimonianze di una sensibilità profonda e moderna.

La sua vita è stata segnata da successi e contraddizioni: premi, riconoscimenti, ma anche critiche e isolamento. Eppure, la sua voce continua a risuonare. Nei versi, nella prosa, persino nelle trasposizioni musicali che ne hanno esaltato la lirica.

Ada Negri è una figura da riscoprire: non solo per la sua poesia, ma per il coraggio di essere donna, maestra, artista in un mondo che spesso non era pronto ad ascoltarla.

Di Unione femminile nazionale, Archivio Famiglia Majno, Milano,



martedì 16 settembre 2025

Lauren Bacall: la diva che ha incantato Hollywood e Broadway

🎬 Lauren Bacall: la diva che sussurrava al cinema



Lauren Bacall, nata Betty Joan Perske il 16 settembre 1924 a New York, è stata molto più di una semplice attrice: è stata un simbolo di eleganza, intelligenza e audacia. Con il suo sguardo magnetico e la voce profonda, ha segnato l’età d’oro di Hollywood, diventando una leggenda vivente.

🌟 Dalle passerelle al grande schermo

Prima di diventare attrice, Bacall fu fotomodella. Fu notata grazie a una copertina di Harper’s Bazaar, che attirò l’attenzione del regista Howard Hawks. Il suo debutto cinematografico avvenne nel 1944 con Acque del sud, accanto a Humphrey Bogart, che divenne suo marito e compagno di scena in altri capolavori come Il grande sonno e L’isola di corallo.

🎭 Una carriera tra cinema e teatro

Negli anni '50 brillò in commedie come Come sposare un milionario con Marilyn Monroe e La donna del destino con Gregory Peck. Ma fu anche una stella del palcoscenico, vincendo due Tony Award per i musical Applause e Woman of the Year. Negli anni '90 tornò alla ribalta con L’amore ha due facce, che le valse una candidatura all’Oscar.

🏆 Riconoscimenti e eredità

Nel 2009 ricevette l’Oscar alla carriera, riconoscimento del suo impatto indelebile sul cinema. Morì nel 2014, lasciando un’eredità artistica che continua a ispirare generazioni di attori e cinefili.



“Gian Gastone de' Medici: l’ultimo granduca e il tramonto dei Medici in Toscana”

Gian Gastone de' Medici: l’ultimo atto di una dinastia gloriosa

Nel cuore del Settecento, tra le ombre di un potere in declino e le luci di un'intelligenza raffinata, si staglia la figura di Gian Gastone de' Medici, ultimo granduca di Toscana della celebre dinastia fiorentina. Nato il 25 maggio 1671 a Firenze, figlio di Cosimo III e Margherita Luisa d'Orléans, Gian Gastone rappresenta il tramonto malinconico di una stirpe che aveva plasmato l’arte, la scienza e la politica europea.

Un principe riluttante

Gian Gastone non era destinato al trono. Secondogenito, colto e riservato, fu spinto verso un matrimonio infelice con Anna Maria Francesca di Sassonia-Lauenburg, donna dal carattere opposto al suo. La loro unione fu un disastro: lui, amante della cultura e della quiete; lei, rigida e autoritaria. Isolato e infelice, Gian Gastone si rifugiò nell’alcol e in una vita dissoluta, circondato da cortigiani eccentrici e da un fedele compagno, Giuliano Dami, figura chiave della sua cerchia privata.

Un regno di riforme e resistenza

Nel 1723, alla morte del padre, Gian Gastone salì al trono. Malgrado la salute precaria e l’indifferenza verso il potere, si rivelò un sovrano sorprendentemente progressista. Abolì molte delle leggi oppressive imposte dal padre, ridusse le tasse, promosse la cultura e cercò di separare la Chiesa dallo Stato. Il suo governo fu un tentativo sincero di restituire dignità a una Toscana ormai marginalizzata nello scacchiere europeo.

Il tramonto dei Medici

Senza eredi e con le grandi potenze europee pronte a spartirsi il destino della Toscana, Gian Gastone fu costretto a designare come successore Francesco Stefano di Lorena, segnando la fine della dinastia medicea. Morì il 9 luglio 1737, lasciando dietro di sé un regno più giusto, ma anche il vuoto di una tradizione secolare.

Un’eredità da riscoprire

Gian Gastone è spesso ricordato per i suoi eccessi, ma merita di essere celebrato per il suo spirito libero, la sua apertura mentale e il suo impegno per una Toscana più equa. In un’epoca di dogmi e rigidità, fu un sovrano fuori dagli schemi, capace di lasciare un’impronta umana e politica che ancora oggi affascina.




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A Leone Werth.

Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il migliore amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini. E ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stata. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano.)
Perciò correggo la mia dedica:
A Leone Werth
quando era un bambino»

Fernando Botero

Fernando Botero
Di Roel Wijnants - Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia

Grazia Deledda "La Primavera"

Grazia Deledda "La Primavera"
L'inverno aveva rinfrescato anche il colore delle rocce. Dai monti scendevano, vene d'argento, mille rivoletti silenziosi, scintillanti tra il verde vivido dell'erba. Il torrente sussultava in fondo alla valle tra i peschi e i mandorli fioriti, e tutto era puro, giovane, fresco, sotto la luce argentea del cielo. Grazia Deledda